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Piero Pelù e la triste parabola del ribelle allineato

by La Redazione
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Roma, 17 dic – Piero Pelù è impegnato in una relazione complicata. No, non con una fantomatica “regina di cuori”. E nemmeno con l’enigma del suo “corpo che cambia”. Piuttosto l’inconfondibile voce dei Litfiba – storico gruppo al quale, va detto, il rock italiano deve tanto – ha un problema con i social network. Così, ridotto il proprio profilo Facebook a “semplice vetrina” e salutato X per le “pericolosissime dichiarazioni neo totalitarie e neo imperialiste” del proprietario, la chioma più chiacchierata della musica di casa nostra dovrebbe riflettere anche sull’utilizzo del proprio Instagram.

Uno sgangherato post contro il governo

Galeotto fu l’ultimo, sgangherato, post dell’artista toscano. “Il governo italiano del 2024 è di ultra destra ma si sforza inutilmente di negare qualsiasi similitudine col fascismo di Mussolini” attacca il rocker. Non contento di descrivere un esecutivo che non esiste, Pelù continua – dalla retorica sugli oppositori al ripudio dell’esperienza coloniale – con la solita serie di luoghi comuni e inesattezze storiche. 

Nella sua (produttiva, a quanto pare) immaginazione il cantautore fiorentino ci racconta di arresti per “chi manifesta disarmato per la pace, per i diritti alla casa, per il lavoro sicuro e garantito, per lo studio, per la sanità pubblica”. Dove succede, verrebbe da chiedere. Ma soprattutto perché un potere che si vorrebbe descrivere come fascista dovrebbe manganellare chi reclama – in pratica – il ripristino dello stato sociale smantellato da decenni di politiche liberali? 

Il “melo-salvi”

Nel suo “melo-salvi” – l’orrendo, tra l’altro, titolo del post – Pelù persevera: “questo governo permette a bande di neo-fascisti di sfilare impuniti coi loro slogan nelle vie di Brescia come è stato a Bologna…senza alzare un dito”. Com’è, come non è, qualcuno faccia sapere al ribelle allineato che, per esempio, anche nel 2021 con Draghi a Palazzo Chigi e la Raggi al Campidoglio le tartarughe frecciate manifestavano ordinatamente. Addirittura nel cuore di Roma, vitalizzando la Capitale da Piazza Santi Apostoli fino all’Esquilino, passando per il suggestivo contesto dei fori imperiali.

Le provocazioni di Piero Pelù

Così dopo tutta una serie di parole a caso sintetizzabili nel trittico reprime-minaccia-esclude (ma chi di preciso?) e non prima di aver tirato in ballo pure “le mafie”, dimostrando oltretutto scarsissima lungimiranza politica – argomento il ponte sullo stretto – Pelù, visibilmente scosso dalla sinergia Meloni-Musk (sarà stato ingannato anche lui dall’intelligenza artificiale o sono solo gli effetti del “tiro di canna alla cena con gli amici”?) chiude attaccando, in maniera abbastanza sconclusionata, il nuovo codice della strada.  

Ora, El Diablo non è di certo nuovo a evitabili provocazioni (nel 1991 fu denunciato per vilipendio: bucò il tricolore per indossarlo come poncho) e polemiche grottesche – in occasione del referendum costituzionale 2016 sollevò dubbi sulla cancellabilità della matita copiativa. Il problema, se è vero che ogni albero ha i suoi frutti, è un altro. 

Alberi, frutti e stagioni

Piero Pelù è un grande cantautore e, come fatto notare sotto al post incriminato da tanti suoi follower, dovrebbe – semplicemente – impegnarsi a far musica. Lasciando la politica a qualcuno di più ferrato in materia. O che, comunque, proprio per non annacquare il dibattito, sappia discuterne in maniera più centrata.

C’è poi un secondo nodo. Ogni frutto infatti ha la sua stagione. Ed essere ribelle a vent’anni è estremamente diverso dal farlo – alla stessa maniera – in odor di pensione. Lungi da noi abbracciare il concetto del nascere incendiario e morire da pompiere, abbiamo avuto la fortuna di conoscere anziani ben più combattivi di tanti giovani ingrigiti. Il rivoluzionario crea, mentre la ribellione, nutrendosi dello stesso sistema che si cerca di combattere, alla lunga, distrugge. E al tempo dei social ti trasforma in un meme.

Cesare Ordelaffi

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