Roma, 6 feb – E poi a un certo punto scopri che Pavia non è più in Italia. Forse fa ancora parte della penisola in senso geografico, certo non della Repubblica italiana. Vari sono gli indizi che permettono di fare questa affermazione.
Nella Repubblica italiana, per esempio, è in vigore la legge n. 92 del 30 marzo 2004, che, istituendo la Giornata del Ricordo, spiega come per il 10 febbraio “sono previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado. È altresì favorita, da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende”.
Eppure dei piccoli satrapi di provincia possono decidere bellamente di fregarsene. Ma se l’indifferenza o l’aperta ostilità verso quella che è una solennità civile italiana è ormai moneta corrente quasi ovunque, il sindaco di Pavia, Massimo Depaoli, del Partito democratico, è andato oltre, organizzando addirittura un contropresidio rispetto alla fiaccolata indetta da CasaPound Italia per commemorare il martirio delle terre giuliano-dalmate.
Non solo: sulla sua pagina facebook “istituzionale” – le virgolette sono d’obbligo – Depaoli scrive: “Come amministrazione oggi abbiamo partecipato alla riunione del Comitato provinciale Antifascista chiedendo agli enti e associazioni presenti di convocare con noi un presidio, ampio e trasversale, per esprimere compatti la nostra preoccupazione circa l’infittirsi di manifestazioni di formazioni neofasciste a Pavia. Il comitato (del quale fanno parte anche l’amministrazione Provinciale e l’Anpi) unanime, ha accettato la nostra proposta”.
Quindi scopriamo che a Pavia esiste una istituzione di cui non si conosceva l’esistenza e che non risulta avere cittadinanza nella Repubblica italiana: il Comitato provinciale Antifascista. Mentre nel resto d’Italia le istituzioni e gli enti locali hanno il compito di garantire l’ordine pubblico e il funzionamento della macchina amministrativa, garantendo uguali diritti a tutti e senza scendere nell’agone politico, almeno non nella veste istituzionale, a Pavia l’amministrazione dà vita a una parodia di stato etico in cui il sindaco si può permettere di scendere in piazza a contestare una manifestazione che va nel senso di una legge dello Stato dopo aver deciso la cosa in un piccolo soviet di provincia.
Sembra una cosa da nulla, ma è anche così che muore una nazione: con la prepotenza, il menefreghismo, la protervia, l’impunità di cui si rendono complici delle comparse della politica, pronte a tutto pur di sputare sull’Italia e sugli italiani.
Giorgio Nigra