Roma, 12 mag – Forse è sfuggita, persa nella fiera delle banalità, la falla più profonda del piano Ue sull’immigrazione tanto sostenuto da Jean-Claude Juncker (e già il fatto che costui sia coinvolto dovrebbe far sorgere qualche sospetto). Il problema di questo piano non sono tanto le famigerate quote – che per l’Italia si riveleranno una fregatura – quanto la pretesa di “solidarietà” avanzata dall’Europa. Che si traduce nell’imposizione ai vari Paesi di una accoglienza forzata.
Dunque il difetto è innanzitutto culturale. Bisognerebbe cominciare a far passare l’idea che “salvare vite umane” non significa permettere a una marea umana di entrare in Europa per poi ridistribuirla un tanto al chilo un po’ qua e un po’ là. La “solidarietà” non deve tradursi necessariamente nella politica delle porte aperte. Invece l’Ue, al solito, sta assecondando questo stereotipo.
“Migranti e profughi non saranno mandati indietro”, assicura la Mogherini, e ci fa rimpiangere i bei tempi in cui si limitava a essere irrilevante. Questo è l’atteggiamento prevalente: nessuno va respinto, tutti vanno presi. Al massimo, si può valutare se sbattere qualcuno in un posto piuttosto che in un altro, quasi che gli immigrati non fossero persone ma pacchetti postali, come se non avessero famiglie da raggiungere, amici da ritrovare. La solidarietà dell’Europa è sempre la stessa: accogliere, perché così si fa la figura dei buoni. Salvo poi permettere lo sfruttamento o lanciare idee del tipo “mandiamo i profughi a lavorare gratis” (suggerita, fra l’altro, da un signore per cui sarebbe una novità lavorare pure da stipendiato).
Una vera solidarietà consisterebbe prima di tutto nel risolvere i problemi che causano le migrazioni. Prima ancora di distinguere fra profughi e clandestini, dobbiamo renderci conto che la questione da affrontare di petto è l’immigrazione in sé, l’esodo epocale come lo descrive lo studioso britannico Paul Collier (blairiano, per altro) nel libro Exodus. Una diversa politica nei confronti della Siria, una maggiore decisione in Libia, scelte radicali ma efficaci in altre zone del Nord e del Centro Africa consentirebbero probabilmente una riduzione dei flussi. A quel punto si potrebbe cominciare a parlare – a ragion veduta – di respingimenti, di controlli rigorosi, di cernita fra meritevoli d’asilo e non meritevoli.
Purtroppo, tutto ciò rimane nell’ambito della fantascienza. Juncker se ne esce con l’idea dello sparpagliamento degli immigrati e c’è pure chi si congratula con lui. Dobbiamo renderci conto che finché non cambierà la disposizione mentale – italiana ed europea – nei confronti dell’immigrazione, nessun piano funzionerà. Finché l’accoglienza rimarrà l’unica legge, continueremo a riempirci di clandestini, di futuri schiavi e disperati. E, al massimo, riusciremo a scaricarne un pochino a qualche Paese confinante – come del resto abbiamo fatto fino ad oggi, solo in maniera non ufficiale.
In sostanza, il nuovo piano Ue non cambierà nulla. Anzi, probabilmente peggiorerà la situazione. Ce lo aspettavamo, non ci sorprende. Però ci saremmo evitati volentieri di sentire ovunque le irritanti dichiarazioni della Mogherini: va bene essere vessati, ma c’è un limite. Tutto, ma la Mogherini no. Abbiate un po’ di solidarietà anche per noi, per favore.
Francesco Borgonovo