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Non ci sono donne ai ballottaggi? Ecco perché (e basta con le cretinate)

by Adolfo Spezzaferro
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Tutti parlano a sproposito del fatto che nessuna donna andrà ai ballottaggi delle amministrative, stracciandosi le vesti e stracciandoci le gonadi sul fatto che come sempre “comandano solo i maschi”. Se si aprono i social è tutto un pianto in coro, con punte di idiozia esemplare. Tipo “Il vero vincitore di queste amministrative è solo uno: il maschio bianco etero”. Firmato: la Casa della sinistra, con tanto di stella rossa. Ma pure i giornaloni mainstream puntano il dito. C’è chi fa le pulci al Pd, che non ha candidato donne. Ma come? Proprio il partito della parità di genere, dei diritti Lgbt, dell’accoglienza. Il partito dei Zan e delle Cirinnà. Neanche le basi, proprio. Come è possibile? E giù sproloqui contro i quadri di partito maschilisti e contro chi parla parla e poi alla fine non fa niente. Soprattutto a sinistra. Una serie di cretinate che denotano cialtroneria cronica ma anche zero spirito di osservazione. Vediamo perché.

Niente donne ai ballottaggi? Basta con questa storia che non sono abbastanza rappresentate in politica

Questa manfrina sulle donne non abbastanza rappresentate in politica è una cavolata: lo spiegano i numeri. Per non parlare del fatto che persino sulla scheda elettorale c’è l’obbligo di esprimere due preferenze (in base ai due generi riconosciuti). Una sorta di evoluzione di quelle “quote rosa” offensive innanzitutto per le donne, oltre che per l’intelligenza. Un melodramma, quello in scena, che si consuma all’indomani del primo turno delle amministrative ma che viene da lontano. E allontana dai fatti, dalla realtà. Sì, perché nessuno dice la cosa più ovvia, sotto gli occhi di tutti. La verità spesso è banale, altro che nascosta. Ma proprio perché evidente sembra troppo facile, come soluzione. Sì, perché pare brutto percorrere la via breve, non è abbastanza saggio, filosofico, orientale. E allora giù a sfasciarsi la testa e a sfasciare gli attributi con il retaggio patriarcale, maschilista e tutto il repertorio delle nuove femministe.

Le nuove femministe ci ammorbano con battaglie ridicole

Nuove femministe che – detto per inciso – farebbero schifo alle originali. Perché spesso fissate con stupidaggini tipo “sindaca”, “ministra”. Che si scagliano contro una lingua troppo maschile, nonostante sia femmina. Che ci ammorbano con battaglie ridicole, inutili, insensate. Come lo “schwa” della Murgia, che prende il posto dell’asterisco dei compagni dei centri sociali. Chi non ricorda comunicati tipo: “Ci vediamo tutt* al centro accoglienza immigrat* a cantare in coro Bell* Ciao”. Il tutto con un livore e una prosopopea – la campionessa in questo è la Lucarelli – di chi ha carpito il vero segreto della vita e della conoscenza e da illuminata sputa sentenze contro i maschi. Ma sempre comodamente adagiate su lussuosi divani e non in piedi a fare le operaie nelle catene di montaggio. Una femminista doc direbbe: “Secoli di patriarcato non si estirpano con i pronomi”. A tal proposito va fatta una piccola precisazione (e ve lo dice uno che in passato ha avuto come caporedattore una donna tosta e molto esigente).

Livore contro livore, senza alcuno spunto di riflessione

Le Lucarelli e le Murgia ce l’hanno fatta, si sono fatte un nome, e va bene. Ma ci sono un sacco di femministe – e pure di donne anti-femministe – che fanno le femministe con il pene degli uomini che le proteggono. O che le dirigono. Perché si sa, anche nel giornalismo, non basta essere bravi: per fare carriera serve anche una spinta, un santo protettore. Se non sei bravo ma raccomandato, ti mettono in condizione di non nuocere. Se sei bravo ma non raccomandato, semplicemente non ti mettono proprio da nessuna parte. Chiusa parentesi, anche se ce ne sarebbe da dire su chi, tra le donne, fa le contro tempeste di merda per attaccare le femministe senza però dire niente, un pensiero originale, un’analisi. Solo merda contro merda. Livore contro livore. Spesso grazie a maschi che appunto le permettono di fare tutta questa scena. Perché magari sanno che queste “femministe in assenza di maschilismo”, queste radical chic portano lettori, visualizzazioni, lustro e soldi al giornale o alla testata online. Poi per fortuna ci sono donne impegnate come Costanza Miriano, per fare un esempio di spessore.

Banalmente, il Pd non ha una Giorgia Meloni

Veniamo ora al punto della questione: non ci sono donne candidate ai ballottaggi? Il Pd non le ha candidate? Semplicemente perché allo stato attuale non ce ne sono di valide. In politica si fa strada, ci si afferma, si sale e si arriva ai vertici quando si è leader nati. Senza scomodare concetti più seri tipo il “capo naturale”, banalmente – come direbbe Giorgia Meloni – lei guida FdI perché è brava. E’ un politico capace, una leader convincente. E il sesso non c’entra niente. La Boschi non comanda il Pd perché non è abbastanza brava. Tutto qua. Quando uscirà una Meloni dem, il Pd si scapicollerà a candidarla a sindaco. E lei stessa – la Giorgia rossa – se davvero brava e capace, sfrutterà il trampolino della candidatura per scalare il partito. Si fa così, si sa. Lo fanno donne e uomini. Il genere non fa la differenza. La fa di che pasta siamo fatti. Femministe, anti-femministe e gente “normale”.

Adolfo Spezzaferro

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