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Mozione di sfiducia individuale, dal caso Mancuso alla Santanchè

by Daniele Trabucco
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Roma, 13 feb – L’Istituto giuridico della sfiducia individuale nei confronti di un singolo Ministro non è previsto espressamente all’interno della Costituzione. La legge fondamentale dello Stato disciplina, invece, il rapporto fiduciario tra il Governo della Repubblica ed il Parlamento (art. 94 Cost.).

Il caso Mancuso

Tuttavia, dopo la sentenza n. 7/1996 della Corte costituzionale relativa al caso dell’allora Ministro della Giustizia, Filippo Mancuso (Governo Dini), l’istituto in esame è stato «sdoganato». Inquadrandosi, ha precisato Palazzo della Consulta nella sua funzione di giudice dei conflitti – Mancuso aveva, infatti, sollevato conflitto di attribuzioni contro il Senato della Repubblica che aveva deciso di sfiduciarlo e contro la conseguente decisione del Presidente della Repubblica di sostituirlo, attribuendo l’incarico ad interim al Presidente del Consiglio dei Ministri (all’epoca Lamberto Dini) – nella forma di Governo parlamentare delineata dal Testo fondamentale del 1948. In questo caso, però, la mozione di sfiducia individuale venne utilizzata non come strumento per mettere in discussione l’unità dell’indirizzo politico dell’Esecutivo. Ma come estremo espediente per ricostituirlo a fronte di una azione divergente del Ministro della Giustizia (cit. Galazzo).

In questa ottica, dunque, pare che la mozione di sfiducia individuale sia stata utilizzata come una sorta di contrappeso di ultima istanza alla ben nota problematica dell’assenza, nella Costituzione repubblicana, di un esplicito potere di revoca dei Ministri (sempre Galazzo) in capo al Presidente del Consiglio (che manca anche nella proposta di revisione costituzionale inerente al c.d. «premierato», ove nomina e revoca dei titolari dei Dicasteri spettano al Capo dello Stato).

La mozione di sfiducia individuale

Tuttavia, dal caso Mancuso al caso di Daniela Santanchè l’istituto è stato adoperato in senso completamente diverso. Anzi opposto. Le mozioni fungono o da radicale critica dell’operato del Ministro, la quale proviene non dall’interno del rapporto fiduciario, ma dall’esterno di quella relazione e per opera dei suoi oppositori, o per colpire indirettamente l’intero Governo.

A titolo personale chi scrive non ha mai condiviso l’istituto in esame. Se, da un lato, è vero che, già prima della sentenza n. 7/1996, la mozione di sfiducia individuale ha potuto operare negli spazi vuoti lasciati dalla Costituzione, affermandosi a livello di regolamenti parlamentari, dall’altro, l’istituto pare minare l’unità e l’autonomia del Governo e basarsi su una lettura della responsabilità individuale dei Ministri di tipo politico «perfetta», quando essa è «imperfetta», essendo solo il Presidente del Consiglio dei Ministri responsabile politicamente in modo pieno, avendo il compito di mantenere l’unità dell’indirizzo politico-amministrativo dell’intera compagine governativa come prescrive, del resto, l’articolo 95 della Costituzione

Daniele Trabucco

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