Roma, 28 ottobre – “Marcia oppure crepa, leone anziché preda, finché il nostro mondo una luce ancora veda”. Correva l’anno 2017 quando, nel giorno del Natale di Roma, gli ZetaZeroAlfa – band romana che ha cambiato la storia della musica non conforme – pubblicavano l’album Morimondo: tra le tracce, appunto, “Marcia oppure crepa”.
Canzoni e romanzi
Le canzoni, si sa, sono un po’ come i romanzi. Indicano vie, tracciano solchi, creano immaginari. Ma se la lettura è pratica solitaria, la musica si trasforma – spesso e volentieri – in esperienza (anche) comunitaria. Se vogliamo le note possono condensare e farsi veicolo di particolari messaggi, che verranno poi esposti dettagliatamente sulla carta stampata – o su pagine virtuali, per rimanere al passo coi tempi.
Le canzoni, rimanendo nel circuito dell’area identitaria, raccontano un particolare tipo di mondo. Pillole culturali da pochi minuti per farci capire chi siamo e da dove arriviamo. E soprattutto qual è la nostra direzione. Anche nel tempo dei grandi continenti, della transizione energetica e della corsa al controllo dello spazio. Sì, perché sebbene intorno tutto cambi, certe coordinate rimangono sempre le stesse. Chi si ferma è perduto, direbbe la saggezza popolare. Politicamente parlando è il marciare – il non sclerotizzarsi su posizioni anacronistiche – che ci consente di rimanere vivi. Che ci dà la possibilità di provare a incidere sul reale.
Marcia oppure crepa
Oltre alle sfide del futuro prossimo, pensiamo solamente a quanto è mutato il mondo nell’ultimo lustro. A proposito, per chi se lo fosse dimenticato, ricorre oggi l’anniversario di una famosa marcia. Uomini che già avevano fatto l’Italia – in trincea, con sangue e immenso sacrificio (sacrum facere) – si ritrovarono a difenderla dai bestemmiatori della patria. Per poi riscattarla da una classe dirigente ormai arrivata a fine corsa. Visioni che cercavano la fine della storia contro chi aveva la ferrea volontà di tenerla in movimento. Di scriverla, con i piedi nel presente e lo sguardo al futuro.
Il loro mondo, accelerato dal primo conflitto mondiale, non sarebbe più tornato quello di prima. Quel variegato spaccato – dai nazionalisti agli anarchici, dai repubblicani ai socialisti – saldato attorno all’asse centrale, accettò la sfida. Mettendosi in moto, non solo fisicamente (e ben prima di quei fatidici giorni sul finire di ottobre).
Il cielo dell’Europa rivedrà la tua bandiera
Ecco che, una volta giunto al potere, consolidato il comando, il fermento non si spense. Chiesa di tutte le eresie, le sintesi nella loro estrema complessità – spoiler: le semplificazioni funzionano solo sui social – continuarono. Fino a giungere, concetto espresso anche nei tragici giorni della Repubblica Sociale, alla missione continentale.
Movimento quindi, per non perdersi nelle secche dello status-quo. Star fermi, o addirittura farsi portavoce di battaglie retrograde è il primo passo verso l’uscita dalla storia. Dal nazionalismo italiano in avanti verso quello (ancora da compiere) del nazionalismo europeo. Il quale non è rinnegamento del primo, ma anzi ne diventa un moltiplicatore. Dove si può compiere oggi l’interesse nazionale se non in quel principio unitario declinabile nelle varie differenze che intercorrono dal Portogallo alla frontiera orientale, dalla Scandinavia ai paesi mediterranei? Patria, concetto costantemente da ri-creare, pena la paralisi. “Marcia oppure crepa, qui non esiste tregua”, appunto come si continua a cantare in quella famosa canzone: “il cielo dell’Europa, rivedrà la tua bandiera”.
Marco Battistini