Milano, 28 apr – Stupore, incredulità e sconforto. Rabbia meno, quella monta già da due mesi. Sono le sensazioni che hanno assalito i lombardi nel tardo pomeriggio di ieri, quando si è diffusa la notizia che il premier Conte in serata si sarebbe palesato nella regione in cui non si è visto mai dall’inizio dell’emergenza coronavirus. “Cosa viene a fare?”, si è chiesto qualcuno. “Certo che ha una bella faccia tosta!”, commentava qualcun altro. Già, perché, a dispetto dell’agiografia quotidiana che gli viene riservata dalla stampa che conta e degli improbabili sondaggi che la stessa ci propina, “Giuseppi”, gli italiani, specie quelli del Nord, esausti, non lo possono proprio vedere (anche perché, appunto, fino a ieri, se lo sono sorbito solo in tv).
L’apparizione di Conte
“Se fossi venuto prima sarei stato d’intralcio”, le incredibili parole del presidente del Consiglio, una versione imbarazzata e imbarazzante che, per utilizzare un’immagine dei tempi, suona come una di quelle autocertificazioni per cui ti fanno la multa.
Incurante del senso del ridicolo, Conte si è presentato verso sera quasi “con il favore delle tenebre”, in linea con la sua azione governativa degli ultimi mesi, a Milano, a Bergamo e a Brescia, le zone più martoriate dal maledetto Covid e dall’inettitudine dell’esecutivo che il professorino guida a colpi di decreti e dirette Facebook rilanciate a reti unificate. Curioso anche come la sua visita si sia svolta, al pari del modo e della tempistica con cui è stata annunciata. Una cosa veloce, un’improvvisata con poco senso e ancor meno coraggio. Temeva contestazioni, sostiene qualcuno.
Il che può essere, dati il malcontento, l’esasperazione e la rabbia palese che montano pressoché in tutti gli strati della società lombarda. Sta di fatto che il premier giallofucsia è arrivato, chiuso nella sua scortatissima auto blu fin dentro il cortile della Prefettura di Milano, luogo che peraltro non evoca precedenti felici, per prendere sempre lì la parola di fronte a un pugno di giornalisti tenuti a distanza, senza dire praticamente niente, come sempre. Nell’occasione ha incontrato il governatore lombardo, Attilio Fontana, reduce da un interminabile e non terminato braccio di ferro proprio con Palazzo Chigi, prima sulla gestione dell’emergenza sanitaria, quindi sulle nebulose prospettive della “fase 2”, che non dà garanzia alcuna alla macchina socio-economica del motore produttivo italiano. Va ricordato che lo stesso Fontana, il cui operato come quello della sua amministrazione andrà serenamente valutato, è stato oggetto di una campagna d’odio, soprattutto da parte di quei giornalisti faziosi che hanno trovato verso la Lombardia quel coraggio di critica che miseramente gli è mancato nei confronti del governo, applicando una sorta di unilaterale federalismo della libertà di stampa.
La contestazione di CasaPound
In ogni caso, qualcuno che ha voluto degnamente accogliere il presidente del Consiglio, a Milano, Brescia e Bergamo, c’è stato. I militanti di CasaPound hanno affisso nelle tre città striscioni che recitavano: “Conte: decreti, task force e chiusure posticipate ma a rimetterci sono sempre gli italiani”.
“La gestione dell’emergenza sanitaria da parte del Governo si sta dimostrando fallimentare”, ha dichiarato Angela De Rosa, portavoce di Cpi in Lombardia. “15 task force per un totale di 450 persone – ha aggiunto – non sono state in grado di dare forma ad una ripartenza strategica: la tanto attesa fase 2 non è altro che una rivisitazione della fase 1”. “Mentre nel resto d’Europa le Nazioni rimettono in moto l’economia – ha continuato la portavoce lombarda di Cpi – l’Italia rischia il collasso economico e produttivo e salgono a 10milioni gli italiani a rischio povertà”.
“La visita di oggi, che si aggiunge a inutili e demagogiche conferenze stampa, altro non è che una passerella di cui i lombardi avrebbero fatto volentieri a meno. Alla Nazione e ai cittadini servono risposte concrete, con riguardo al mondo del lavoro, della scuola e delle politiche sociali. Siamo consapevoli che non ci sono ancora le condizioni per tornare alla normalità ma – ha concluso Angela De Rosa – siamo anche convinti che non ci sia più tempo da perdere per creare le condizioni per tornare a lavorare e a vivere, salvaguardando la salute”.
Fabio Pasini