Washington, 18 ott – “Sei più bravo tu”. “Ma no, dai, sei più bravo tu”. Sembrano due piccioncini Barack Obama ed Enrico Letta, che ieri si sono incontrati alla Casa Bianca nel secondo summit in poche settimane, il quarto in pochi mesi. Un legame sempre più stretto, un ponte fra Roma e Washington ormai più che solido, per far dimenticare l’era in cui il primo alleato dell’Italia era “l’amico Putin” e nel Mediterraneo tentavamo persino un barlume di politica autonoma. Oggi quei tempi sembrano preistoria e l’allineamento atlantista del governo è rigorosissimo: nella politica, nell’economia, persino da un punto di vista umano.
“L’Italia sta andando nella giusta direzione con le riforme, Roma è un partner eccezionale”, ha detto Obama, dicendosi inoltre “impressionato dalla leadership e dall’integrità di Letta”. Quest’ultimo ha ricambiato, apprezzando la gestione dello shutdown da parte dell’omologo americano: “L’accordo raggiunto negli Stati Uniti sul tetto del debito stabilizza i tassi di interesse ad un livello basso e questo è positivo per l’Italia”. Poi di nuovo, in serata: “Non c’è un Obama d’Europa”, ha ribadito Letta, includendo evidentemente anche se stesso e chiarendo le sacrosante gerarchie.
Ma non c’è stato solo Obama, nell’agenda statunitense di Letta. Dopo l’ultima visita, in cui aveva parlato di privatizzazioni al Council on Foreign Relations e a un gruppo di investitori di cui facevano parte George Soros e i rappresentanti delle principali banche d’affari statunitensi, ieri il premier italiano ha tenuto un discorso al Brookings Institution, quello che secondo l’Università della Pennsylvania è il più influente think tank del mondo. Chissà se anche ieri avrà parlato di svendere il nostro patrimonio industriale e fare tagli allo stato sociale…
Adriano Scianca