Roma, 8 feb – Dovrebbero intanto chiedersi a chi diavolo sia venuto in mente di manifestare a Scampia contro il salvinismo e contro la propaganda dell’odio. A Scampia, ripetiamo, dove solo le sardine possono ritenere che gli autoctoni abbiano tempo ed energie da spendere per sfilare in favore dell’amore eterno e magari affinché una polizia controlli i social network.
Il flop delle sardine a Scampia
Gente comune versus alienati figli dei fiori in stile Ruggiero, il fricchettone di Verdone. Il risultato è grottesco e al contempo divertente: quattro gatti che hanno presenziato alla chiamata alle armi delle sardine a Scampia, col solito padre Zanotelli, dove Salvini avrebbe dovuto tenere un comizio che ha poi annullato. Pare proprio che il leader leghista gli abbia fatto una finta, e loro ci sono caduti rimediando una figuretta tipica dell’alunno saccente preso in castagna dal professore disincantato.
Inizierà da Scampia la deriva fallimentare delle sardine. Inizierà da un luogo-simbolo dove i disagi sociali ed economici, che spesso sfociano nella diffusa condotta illegale, impediscono al cittadino comune di interessarsi al ridicolo decalogo di pretese che i pescetti hanno snocciolato: vogliamo questo, pretendiamo quest’altro, desideriamo quello, ambiamo a codesto, e sulla prescrizione vi faremo sapere perché dobbiamo ancora imparare a leggere i libri da sinistra verso destra. Roba che solo in Emilia Romagna ha potuto attecchire, terra rossa per antonomasia dove sopravvivono importanti centri di potere legati alla sinistra ai quali le sardine si sono aggrappate creando poi la narrazione mistificatoria del popolo italiano pronto a seguirle. Non era il popolo italiano, non eravamo noi, il Pd rimane su percentuali non sensazionali e risulta incapace di attrarre simpatia, il fricchettone Ruggiero rimane uno scappato di casa col didietro parato dal padre e le sardine si sono rivelate una scenetta sessantottina di rivendicazioni con scappellamento a destra in grado di portare in piazza seimila persone che però già avevano intenzione di votare sinistra. Sai che fatica, sai che impresa. È una truffa ideologica, tutt’al più alla puttanesca perché saporita, niente di più.
La fine invereconda cui sono condannati, e di cui sono consapevoli, mantiene tratti comune con quell’altra truffa globale del gretinismo eco&solidale, dell’isterica svedese che piagnucola, della bambina che rivendica un futuro, della portatrice della sindrome di Asperger che bacchetta l’Onu: Greta Thunberg sulle ginocchia della madre, sedute su una poltrona da 7mila euri, intenta a registrare il suo nome e il brand “Fridays for future” per passare all’incasso. Così le sardine che incassano la simpatia del caro Soros al quale hanno fatto una proposta che non poteva rifiutare (combattere l’opposizione italiana), con successiva foto targata Benetton&Oliviero Toscani, oggi sulla bocca di tutti per il disastroso commento sul Ponte Morandi.
E’ la fine dei pescetti?
E così, mentre a Scampia la gente preferisce rimanere nelle vele che unirsi ai pescetti in piazza, le sardine si attovagliano con la cricca antisistema: Soros, Benetton e Oliviero Toscani. Eccola qui la sinistra del popolo e degli ultimi, altrimenti detta sinistra Ztl e/o elettrica, presentata come movimento spontaneo nato per sacrificarsi per il bene dell’umanità (son sempre convinti di poter scegliere per noi) quando invece sacrificano l’universo intero per ritagliarsi il loro quarto d’ora di notorietà. Il loro perimetro è questo, la comparsa tivù, il loro massimo è quanto segue, il perenne sorrisetto. Al proposito, ricordare la massima latina.
Per rimanere sulla commedia italiana, ricordano il geometra Calboni: “Tre scotches”. Inadatti, inopportuni, arrogantelli, saccenti e mediocri. La loro fine è scritta perché non hanno saputo inventarsi un’area d’azione differente da quella che la sinistra occupa da sempre: la meccanica demolizione dell’avversario, la delazione del compagno di banco. Difatti si sono già scissi, i bambini di fanno i dispettucci, Chissà se avranno tempo di spendere due parole per gli stronzi che ancora oggi sminuiscono la tragedia delle foibe o addirittura ne negano l’esistenza, dato che siamo nei pressi del 10 febbraio.
Chissà se impareranno a riconoscere la verità storica da quella che propagandava l’on. Pajetta, secondo cui tra la rivoluzione e la verità deve aver la precedenza la prima. O riconoscere che, più banalmente, merita rispetto anche chi non la pensa come loro, ammesso e concesso che loro abbiano mai partorito un pensiero e non la mera pretesa di incarcerare le idee altrui. A pensarci bene, è più facile che il bambino autistico del Santori impari a prendere al volo il pallone da basket.
Lorenzo Zuppini