Roma, 25 gen – Non è un momento qualunque quello delle regionali in Emilia Romagna del 2020. Al netto di quello che sarà il risultato che uscirà domani dalle urne, Bologna e dintorni non sembrano più ricalcare il cliché della “roccaforte rossa” per eccellenza. Ne è convinto il sindacato Ugl, che parla della tornata elettorale di domenica come di “un referendum, per la prima volta dall’esito veramente incerto, tra la conferma di un sistema di potere omnicoprensivo o la volontà di scardinarlo“.
L’oligarchia dell’Emilia Romagna
“C’è una oligarchia, in Emilia Romagna, trasversale e solidale, che permea il potere politico, quello della burocrazia amministrativa, il mondo delle imprese, i corpi intermedi dell’associazionismo in ogni ambito (datori di lavoro, sindacati, volontariato), l’informazione e che non concede (o meglio non concederebbe) né spazi né reali possibilità di confronto a tutto ciò che è fuori. Ciò in nome di un presunto ‘modello di efficienza’. Una presunzione che diventa arroganza”, spiega Pino De Rosa, segretario provinciale dell’Ugl di Piacenza noto alle cronache per le dure battaglie a favore dei lavoratori Amazon.
“Un modello che per esempio nel mondo del lavoro – prosegue – risponde ai bisogni con denari pubblici impiegati per alleviare le sofferenze provocate dalla stessa visione della medesima oligarchia. Le privatizzazioni, la demolizione dell’Iri, la precarizzazione del lavoro, la destrutturazione delle regole, l’innalzamento dell’età pensionistica vedono gli stessi, sotto le medesime bandiere, a Roma inoculare i virus mortali per il popolo italiano ed a Bologna praticare le terapie del dolore. Tutto mediato e condiviso in commissioni, tavoli e concistori dove ci sono sempre, ancora, esclusivamente, gli stessi”. De Rosa ne parla come di una sorta di Cupola: “Non è vero che negli anni nulla è cambiato. Si pensi alla fornitura di manodopera o ai contratti atipici. Piuttosto che un baluardo a difesa del lavoro vero il ‘modello di efficienza’ ha ‘governato’ il fenomeno avendo come unica preoccupazione quello di esserne il governo”.
Dalla lotta di classe alla concordia di casta
“Tutto avviene sotto una cappa asfissiante – sottolinea il sindacalista piacentino – l’omologazione culturale che non diffonde argomenti ma manipola la memoria attraverso l’esercizio della ripetizione quasi meccanica di concetti inopinabili. E’ per questo che libri, musica, produzioni vagamente artistiche che nella buona sostanza non si fila nessuno trovano un coacervo di enti, associazioni e congreghe di vario genere per essere finanziate e pubblicate. Poi nessuno le legge (ascolta o guarda) ma possono sempre finire in biblioteche, kermesse ed altre diavolerie dove non girano che pochi ‘elevati a dismisura intellettualmente’ e un bel po’ di ‘grana’ (non padano…perché il buffet è per lo più esotico)”.
“E’ per questi ed altri motivi – conclude De Rosa – che tra pochi giorni c’è un referendum. Si tratta di un momento decisivo. Le elezioni lo dovrebbero essere sempre”.
Nicola Mattei