Roma, 18 feb – Tutti quanti sono rimasti quantomeno perplessi dalle affermazioni della senatrice a 5 stelle Paola Taverna riguardo un ipotetico complotto per far vincere il M5S alle prossime elezioni a Sindaco di Roma: «È incredibile riuscire a proporre per i romani un candidato del genere. Ho pensato che potrebbe essere in corso un complotto per far vincere il Movimento Cinque Stelle a Roma. La scelta di Bertolaso mi ha lasciato perplessa tanto quanto quella di Giachetti. Diciamocelo chiaramente, questi stanno mettendo in campo dei nomi perché non vogliono vincere Roma, si sono già fatti i loro conti» così si è espressa infatti ai microfoni dell’emittente radiofonica Radio Cusano Campus.
La prima cosa che potrebbe saltare subito all’occhio dopo una simile dichiarazione è che a quanto pare neanche i pentastellati abbiano tutta questa intenzione di farsi carico del Comune di Roma con Renzi al governo, altrimenti un “complotto” di questo genere avrebbe dovuto essere salutato come un regalo degli avversari, invece di essere accolto con un tono che rasenta la rassegnazione. La reazione costernata della Taverna dimostra per l’ennesima volta – se ce ne fosse ancora bisogno – l’assoluta incapacità degli adepti di Grillo e Casaleggio a contare fino a dieci prima di parlare, ma allo stesso tempo solleva un dubbio che già a più di qualcuno non è sfuggito. E se avesse ragione lei? In tutta onestà: c’è una città sull’orlo del baratro, con un buco da centinaia di milioni di euro, con un collasso strutturale di tutte le aziende municipalizzate, travolta da un’emergenza immigrati senza precedenti, martoriata da infiltrazioni criminali di ogni genere e tipo e infine sottratta tramite commissariamento alla peggior amministrazione di cui si abbia memoria. E visto che la classe politica nostrana non brilla certo per coraggio e audacia, i timori della Taverna non sono poi così campati in aria.
Il centro-destra poi sembra non fare nulla per nasconderlo. La vicenda tragicomica che ha visto protagonista Rita dalla Chiesa qualche settimana fa già suonava come campanello d’allarme, e la presentazione di Bertolaso se possibile è riuscita ad accelerare ancora di più questo meccanismo di vero e proprio auto-sabotaggio: perché se la tua prima dichiarazione da candidato sindaco di una città come Roma è che i rom sono vessati e bisogna tutelarli, forse bisogna rivedere l’intero impianto comunicativo della tua campagna elettorale. Anche in casa Pd la fiducia sembra non essere ai massimi livelli visto che questa eredità così pesante l’hanno lasciata loro e i romani lo ricordano, nonostante il tentativo finale di Orfini di salvare il salvabile. Ma visto che bisogna sacrificare qualcuno si è deciso di mandare Giachetti, l’ex radicale salito agli onori delle cronache per qualche sciopero della fame e una dichiarazione sul fatto che fa uso di droghe leggere. Così se perde è un rischio calcolato, se vince e fa danni possono sempre scaricarlo come hanno fatto con Marino.
Quindi in fin dei conti questa corsa al Campidoglio rischia veramente di essere una gara a perdere che spalancherebbe la strada all’unico vero aspirante alla carica di sindaco di Roma. Marchini è con ogni evidenza l’unico a guadagnarci da un’eventuale elezione, per il semplice fatto che i suoi interessi non sono politici. Infatti la vera colpa di “Arfio” non è quella di essere nipote di un comunista come tutti sostengono, perché così si rischierebbe di scadere in un qualunquismo un po’ fuorviante. La sua vera colpa è e rimarrà sempre quella di essere nipote di un palazzinaro. Perché Marchini non si candida a sindaco di Roma come comunista, ma come costruttore e amico di costruttori e Roma, la città con il più alto tasso di famiglie in stato di emergenza abitativa di tutta Italia, non può più tollerare di essere governata da questa gente. Chi resta? Per fortuna ci sono i cosiddetti outsider: la notizia della candidatura di Simone Di Stefano con Casapound può rappresentare un interessante punto di rottura rispetto alle manovre sterili di un’intera area politica che sembra voglia continuare a passarsi la responsabilità di un peso troppo grande per spalle così piccole.
Michele de Nicolay