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Case popolari a Bologna? Solo se rispetti l’agenda della sinistra

by La Redazione
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Roma, 2 feb – Bologna è una regola, cantava una decina d’anni or sono il cantautore felsineo Luca Carboni. Dal canto nostro, quel che sappiamo è che quando si parla di assurdità (avremmo potuto usare ben altri termini, ma siamo pur sempre gentiluomini) ideologiche, al 99% dobbiamo raccontare di ciò che accade all’ombra delle Due Torri. Così dopo lo scettro di Città 30 – per chi non lo sapesse: il riferimento è ai limiti di velocità – la Dotta potrebbe diventare il primo comune italiano ad assegnare le case popolari solamente a chi è affine all’agenda della sinistra.

Case popolari: a Bologna c’è il  test di affinità

Sì, avete letto bene. Il bando – da qualcuno definito come l’ultimo delirio green del sindaco Pd Lepore – è stato presentato a inizio settimana: per poter aderire al progetto di cohousing (l’anglicismo indica un insieme di insediamenti abitativi composti da alloggi privati e ampi spazi comuni) “Piano per l’Abitare” bisognerà essere “attivisti sociali o ambientali”.

Non ci credete? Carta canta: oltre ai “soliti” requisiti – come l’Isee sotto una certa soglia – i singoli o famiglie che vorranno fare domanda per una casa popolare (una decina in tutto, locate a 420 euro mensili e con impatto energetico prossimo allo zero) dovranno dimostrare di aver avuto esperienze di volontariato/attivismo, formazione o ruoli lavorativi in campo ambientale o sociale. E ancora l’aver già vissuto in condomini solidali. C’è pure un (imbarazzante) limite quantitativo. Ogni nucleo non potrà essere formato da più di quattro persone: perché si sa, per lorsignori pure i figli inquinano.

Eccoci alle selezioni, manco fossimo in un reality show. Dopo il “percorso partecipativo e di formazione” dei ventuno prescelti nel prossimo mese di luglio ne rimarranno solamente dieci.

Come rendere ideologico il diritto alla casa

Passi pure l’ecologismo, ma le scelte verranno fatte in base a parametri oggettivi o seguiranno logiche soggettive? Le esperienze green ad esempio, avranno tutte lo stesso peso specifico? A pensar male si fa peccato ma – consci di essere nella città che non più tardi del 9 novembre scorso ha visto  il vicesindaco Emily Clancy tra le file dei facinorosi antifascisti – fatichiamo a credere che l’aver militato in realtà dell’ambientalismo identitario possa valere per Lepore e soci quanto l’aver frequentato qualche centro sociale interessato all’argomento.

Per l’assegnazione delle case popolari infatti sarà decisiva la “valutazione complessiva per la rispondenza al Profilo di Comunità”. Ovvero un “questionario conoscitivo” – da zero a sei punti – sui requisiti richiesti. Come ha fatto notare Fabio Battistini, ex candidato del centro destra: “ Praticamente, hai diritto alla casa popolare solo se, non solo la pensi come chi comanda a Palazzo d’Accursio, ma addirittura solo se fai parte dello stesso giro”. Non si esclude un ricorso al Tar.

Il diritto alla casa è una cosa seria, ne parla, ad esempio, l’articolo 47 della Costituzione. Potremmo pure scomodare in un discorso decisamente più ampio chi ci ha insegnato che “quello della casa non è soltanto un diritto di proprietà, è un diritto alla proprietà”. Ma proprio non ce la sentiamo di mischiare nello stesso pezzo i giganti del passato con le trovate del Partito Democratico. Il confronto sarebbe impietoso. E noi restiamo sempre gentiluomini.

Cesare Ordelaffi

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