Roma, 22 sett – L’Alto rappresentante dell’Unione Europea per la Politica estera Josep Borrell è intervenuto, con un’intervista al Guardian, su uno dei temi di maggiore interesse in questi momento, ovvero la questione migratoria. Da una parte si è mostrato preoccupato che questa possa rappresentare una “forza dissolutrice per l’Unione Europea”, dall’altra ha accusato alcuni Paesi di “non volersi mischiare” e di avere uno “stile giapponese”.
L’intervista di Borrell
Punto di partenza ineludibile sono le parole di Giorgia Meloni (che il giornale inglese definisce di “estrema destra”, ma tant’è) all’Assemblea generale dell’Onu, quando il presidente del Consiglio italiano ha assicurato che non permetterà che l’Italia diventa “il campo profughi d’Europa”. Ma Borrell preferisce glissare e prenderla alla lontana. Per lo spagnolo la crescita dei nazionalismi dipende più dal problema immigrazione che dall’euroscetticismo. Anzi, spiega come la Brexit abbia avuto l’effetto inatteso di frenare proprio gli euroscettici: “Si temeva che la Brexit potesse diventare un’epidemia, ma non lo è stata. È stata come un vaccino. Nessuno oggi vuole seguire l’uscita degli Inglesi dall’Unione Europea”. Da ciò ne consegue che “L’immigrazione rappresenta il divario più grande per l’Unione Europea. E potrebbe essere una forza dissolutrice per l’Unione Europea”.
Il solito delirio immigrazionista
Infatti, nonostante l’esistenza di una frontiera comune, “Finora non siamo riusciti a concordare una politica migratoria comune”. Una linea che, per Borrell, dovrebbe essere incentrata verso l’accoglienza, tanto da vedere come un problema quei Paesi che invece non vogliono subire l’immigrazione di massa: “Ci sono alcuni membri dell’Unione Europea che seguono uno ‘stile giapponese’: non vogliamo mescolarci. Non vogliamo migranti. Non vogliamo accettare persone dall’esterno. Vogliamo la nostra purezza”. L’Alto commissario precisa il suo monito immigrazionista parlando della crisi demografica: “Il paradosso è che l’Europa ha bisogno dei migranti perché abbiamo una crescita demografica molto bassa. Se vogliamo sopravvivere dal punto di vista lavorativo, abbiamo bisogno dei migranti”.
Michele Iozzino