Milano, 3 feb – A volte anche piccoli episodi locali possono rendere bene l’idea del grado di arroganza raggiunto dalla dittatura orwelliana in Italia, con il fondamentale contributo di alcuni solerti militanti politici travestiti da magistrati. La storia della condanna subito dalla Lega per alcuni manifesti affissi a Saronno è uno degli episodi inquietanti di questo genere. Il partito di Matteo Salvini è stato infatti condannato per il reato di discriminazione, per aver usato il termine “clandestini” dei “richiedenti asilo”. Lo stabilisce una sentenza del giudice Martina Flamini della prima sezione civile del tribunale ordinario di Milano, che ha condannato la Lega a pagare 10mila euro di danni (oltre a 4mila euro di spese processuali) “per il carattere discriminatorio e denigratorio dell’espressione clandestini” contenuta nei manifesti affissi nell’aprile scorso a Saronno. La Lega è stata condannata anche a pubblicare il provvedimento sui suoi siti Internet istituzionali, sulla Padania e su alcuni quotidiani nazionali per bilanciare gli effetti “dell’elevato contenuto discriminatorio delle espressioni contenute nei manifesti, della loro portata denigratoria, della loro idoneità a creare un clima fortemente ostile nei confronti dei richiedenti asilo”.
Nel comune brianzolo, infatti, l’anno scorso la Caritas locale aveva chiesto al Comune le autorizzazioni per ospitare in un convento di suore 32 immigrati. Il sindaco (leghista) aveva negato i permessi e la sezione locale della Lega, il giorno dopo, aveva tappezzato il paese di manifesti in cui campeggiava la parola “clandestini”. Ebbene, ora il giudice/militante spiega che “il termine ‘clandestino’ ha una valenza denigratoria e viene utilizzato come emblema di negatività”, poiché “contraddistingue il comportamento delittuoso (punito con una contravvenzione) di chi fa ingresso o si trattiene nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni del Testo Unico sull’immigrazione”. Sarebbe interessante sapere se di quei 32 immigrati fosse già stato appurato lo status giuridico. Se, come altamente probabile, si trattava di persone la cui domanda d’asilo era in corso di esame, allora la sentenza appare ancor più folle, dato che, in caso di richiesta respinta, quelle 32 persone sarebbero diventate a tutti gli effetti “clandestini”. Una condizione che, in Italia, riguarda l’80% degli immigrati, come ha dichiarato il commissario Ue Dimitris Avramopoulos. Aggiungiamo un’altra considerazione: se è certamente sanzionabile chi usa termini che confondono uno status giuridico con un altro (es. un “indagato” chiamato “condannato” può legittimamente fare querela con chi l’ha appellato così), la cosa non può valere per la parola “clandestino”. La legge, infatti, non utilizza mai questa parola, che non è presente nel testo della legge Bossi-Fini, né nel testo unico sull’immigrazione che all’articolo 10 bis disciplina il cosiddetto “reato di clandestinità”, ma non usa mai questo termine, definendolo invece: “Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato”. Né tantomeno il reato di clandestinità è menzionato nel pacchetto sicurezza che lo ha introdotto, la legge 15 luglio 2009 n. 94.
“Clandestino” è un termine politico, che esprime una precisa visione politica dell’immigrazione, che dovrebbe (ma non è) essere del tutto lecita e legittima. Così come tutto politico è il divieto di usarlo. “Con l’epiteto di ‘clandestino’ – spiega la sentenza pubblicata ieri – si fa chiaramente riferimento ad un soggetto abusivamente presente sul territorio nazionale, ed è idoneo a creare un clima intimidatorio (implicitamente avallando l’idea che i ‘clandestini’, non regolarmente soggiornanti in Italia, devono allontanarsi)”. Inoltre l’espressione “veicola l’idea fortemente negativa che i richiedenti asilo costituiscano un pericolo per i cittadini”. Ma, a parte il fatto che gli immigrati irregolari, per la legge italiana, devono davvero essere espulsi, ognuno dovrebbe essere libero di farsi la sua idea di cosa sia o non sia un pericolo per i cittadini. Anche senza voler tirar fuori i numeri oggettivi della criminalità immigrata, ci si può limitare a sottolineare che il concetto di pericolo è altamente soggettivo e può voler dire molte cose. La sentenza di Milano, quindi, si riduce a un imperativo autoritario di “parlare bene degli immigrati”. La politica, ancora una volta, è stata commissariata dalla magistratura.
Adriano Scianca
1 commento
” La Lega è stata condannata anche a pubblicare il provvedimento sui suoi siti Internet istituzionali, sulla Padania e su alcuni quotidiani nazionali ” ovvero come ottenere esattamente l’effetto contrario a quello sperato da questi magistrati;
levato qualche mentecatto con evidenti problemi psicologici che proietta inconsciamente sull’immigrato (qualcuno lo si trova ancora sulla pagina FB “ahhhh il fascismo non è una opionione ahhhh è un reato” di Tomasi o quell’altra “ahhhh a napoli c’è la camorra ahhh” di Saviane)…
la stragrande maggioranza degli Italiani ne ha piene le palle dei finti profughi (in quanto finti peratro) e stop.
Ricordo ancora -nonostante gli sforzi contrari della stampa alleata-
i commenti negativi sui social sotto la notizia di quella giovane ragazza nigeriana incinta (quella respinta a Capalbio OPS..Goro) che spiegava che era scappata dal suo paese (dopo una laurea in business administration) perchè suo padre in Nigeria non gradiva il fidanzato. (!)
99% se da noi fossero arrivate famiglie Siriane con feriti e mutilati al seguito,nessuno avrebbe azzardato alcuna critica…ma probabilmente alla “Nigeria del DITTATORE Boko Haram” ormai oltre a quel Tomasi suindicato ,non ci crede più un cazzo di nessuno anche se sbattuto ai “Piombi” di Venezia in compagnia di Silvio Pellico da codesta magistratura orwelliana.
il vento non sta cambiando,è cambiato da un pezzo.