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Alluvione, l’imbarazzante teatrino politico e un sistema da rivoluzionare

by La Redazione
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Roma, 20 set – Un migliaio di sfollati – di cui circa ottocento nel ravennate – infrastrutture crollate, due persone disperse a Bagnacavallo, case e realtà imprenditoriali allagate. E poi, ancora una volta, le frane in collina e l’agricoltura in ginocchio. Di nuovo, dopo sedici mesi, torniamo purtroppo a parlare di alluvione: lo faremo però ragionando sul sistema italiano. 

Senza prestarsi al solito giochino

Ha smesso da poco di piovere ma il cielo è ancora grigio. Giunge il momento di fare una prima conta dei danni e, come da triste copione, la politica – quella con la p minuscola – ha già iniziato a sputarsi veleno addosso. Sia chiaro, in queste poche righe non ci interessano nomi e sigle partitiche, non è qui che conta chi ha stanziato cosa e chi non ha utilizzato quanto disponibile. È un giochino che lasciamo volentieri ad altri: piuttosto la terza catastrofe che in poco più di un anno ha travolto la Romagna mette a nudo diversi punti del complesso apparato di cui tutti – volenti o nolenti – facciamo parte.

Il cambiamento climatico

Qualcuno ha parlato di cambiamento climatico. Il quale, va detto, esiste. Ma, particolare non da poco, non sappiamo se e in quale misura possa essere attribuito a cause antropiche. È un fenomeno di cui dobbiamo prendere atto e con il quale confrontarci – a meno che qualcuno abbia il potere di cristallizzare il corso degli avvenimenti terreni. Piuttosto che additare insensate colpe all’uomo europeo per il suo passato/presente/futuro sarebbe opportuno lavorare alacremente per prevenire certi disastri.  

Piani di sicurezza, realizzazioni di nuovi cantieri, ristrutturazione dell’esistente. Senza farsi condizionare da tare ideologiche. Perché se la deturpazione della natura attraverso un’incessante cementificazione non fa bene a nessuno, altrettanto dannoso è rapportarsi all’ambiente considerandolo alla stregua di un gracile cucciolo da proteggere. L’oikos, la nostra casa in senso più ampio rispetto alle quattro mura domestiche, va rispettato e ordinato allo stesso tempo. Questo per essere il più possibile pronti quando – grandi terremoti, estremi fenomeni meteorologi – decide di mostrarci i denti e gli artigli. 

L’alluvione e il “sistema”: le colpe della politica

Torniamo quindi alla politica. Ovvero al meccanismo decisionale che dovrebbe prendere rapidi e incisivi provvedimenti in tal senso. Ed è qui che troviamo un altro inghippo. Parliamo delle lunghe trafile burocratiche che tutti conosciamo, certo. Ma anche dello scarso, spesso inesistente decisionismo: così si parla spesso – e sempre a sproposito – di fascismo e di un suo imminente ritorno, mentre nel paese reale succede l’esatto contrario. 

Passaggi farraginosi, tempi biblici e insensati livellamenti gerarchici. Le mancanze vengono rimbalzate da uno schieramento politico all’altro: tanto se il governo è di un colore, la regione di un altro (e il comune magari di una terza tonalità cromatica) la colpa diventa di tutti. Quindi di nessuno. Non si può progettare a lungo termine in quanto ogni cinque anni bisogna passare all’incasso elettorale. 

E le operazioni di largo respiro, le vere riforme strutturali esigono tempo. Tanto tempo, forse troppo. E magari decisioni impopolari. È la democrazia, bellezza. O meglio, uno dei suoi volti che conosciamo meglio in Italia.

Cesare Ordelaffi

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