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Roberto Mussi, ovvero il gruppo prima del singolo

by Marco Battistini
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Roma, 25 ago – Toccare il fondo e risalire, fino a cercare vette ancora inesplorate. Dev’essere (anche) questo il destino dell’italica stirpe se pure nel mondo del pallone – parafrasi sportiva della vita – riusciamo a dare il meglio di noi quando tutto sembra volgere al peggio. Pensiamo alle vittorie del 1982 e del 2006, oppure in maniera diversa alla spedizione di Usa ‘94. Passato alla storia – nel bene e nel male – come il mondiale di Baggio, nel nostro paese l’edizione americana deve però tanto della sua portata leggendaria alla caparbia giocata di un gregario che – se pensiamo a piedi ed estro – con il Divin Codino condivideva solamente il nome di battesimo. Sì, perché senza l’affondo disperato di Roberto Mussi al minuto ottantotto di Italia-Nigeria avremmo dovuto raccontare un qualcosa di totalmente diverso.

Una sovrapposizione che cambia la storia

Sconfitta all’esordio contro l’Irlanda, soffertissima vittoria di misura sulla Norvegia, deludente pareggio al cospetto di un Messico alquanto modesto. Solo il ripescaggio (come peggiore) delle migliori terze ci permette di approdare agli ottavi di Usa ‘94. Fase ad eliminazione diretta che prosegue sulla stessa falsariga, contraddistinta da una sorte che pare stregata: dormita di Maldini e gol – abbastanza fortuito – della suddetta selezione africana. Poi a inizio ripresa il palo dell’altro Baggio (Dino) e a un quarto d’ora dal termine l’inspiegabile espulsione di Zola.

Il caldo e l’umidità tagliano le gambe, a maggior ragione quando si deve rincorrere. Le aquile verdi sono in pieno controllo, ma – a neanche cento secondi dal novantesimo – Donadoni trova sulla corsia di destra la sovrapposizione dell’instancabile Roberto Mussi. Il fulvo terzino si appresta a compiere trentuno primavere: oltre all’esordio assoluto in quel mondiale, è solamente al terzo gettone azzurro. Il laterale, con un guizzo non proprio appartenente al suo repertorio, salta l’uomo e serve all’accorrente numero dieci, appena dentro l’area, il pallone del pareggio. Il piatto di Baggio ci porta ai supplementari, Marchegiani (titolare causa squalifica di Pagliuca) si supera salvando il risultato. L’incursione di un altro gregario – ovvero Benarrivo – procura infine il rigore del definitivo sorpasso.

Roberto Mussi: dai dilettanti alla finale di Pasadena

In quel luglio – eroico e maledetto – Roberto Mussi scenderà di nuovo in campo. In semifinale e a Pasadena contro il Brasile: uscirà intorno alla mezz’ora, fermato da un infortunio. Partito dal basso – Interregionale e C2 con la Massese – ha sfiorato il tetto del mondo: a Parma (tra B e terza serie) l’incontro che cambia la vita, ovvero quello con Arrigo Sacchi. Il romagnolo se lo porta al Milan senza pensarci due volte, convinto da cultura lavorativa e disponibilità. Anche alla fatica. In rossonero vince il campionato e la Coppa dei Campioni. Poi, chiuso da gente del calibro di Maldini e Tassotti, decide di tornare in cadetteria per trovare maggiore spazio.

Le notti di coppa con Torino e Parma

Il lustro nella Torino granata lo vede protagonista: immediato ritorno in massima serie, una finale di Coppa Uefa e la conquista della Coppa Italia. Oltre al battesimo azzurro sotto la gestione dello stesso Sacchi. Un buon curriculum, ma niente di trascendentale.

Allora perché affidarsi alla sua relativa esperienza internazionale in partite tanto importanti come le fasi ad eliminazione diretta del mondiale? Lo ha spiegato qualche tempo fa al Guerin Sportivo proprio l’ex cittì: “Sapeva benissimo come fare i movimenti senza palla, aveva una dote abbastanza rara per gli italiani: quella di pensare collettivamente”. Regola numero uno di ogni spogliatoio, il gruppo prima del singolo. Chiuderà – vincendo altri trofei – tornando a vestire la maglia del Parma.

Marco Battistini

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