Roma, 3 gen — Chi non si fida della scienza, chi la mette in discussione, si sa, è un povero bigotto rimasto impantanato nelle oscurità profonde del Medioevo: per cui oggi, nel narrarvi di quanto accaduto sulla prestigiosa pubblicazione medica The Lancet, ci dichiariamo ben disposti a farci affibbiare la lettera scarlatta dell’ignoranza scientifica. E della transfobia.
E’ il mese di novembre 2022 e la rivista decide di dare alle stampe uno studio che esamina la trasmissione e le caratteristiche cliniche del vaiolo delle scimmie in un campione di 136 donne. Salvo poi specificare, svariati paragrafi dopo, che delle 136 donne ben 62, cioè quasi la metà, sono in realtà trans, quindi uomini. Le restanti 74 intervistate sono state descritti come «femmine assegnate alla nascita», comprese 69 «donne cis» e cinque «individui non binari» ( che rimangono comunque donne).
Lo studio sul vaiolo delle scimmie nelle donne è composto per metà da uomini
Lo studio è intitolato Infezione umana da virus del vaiolo delle scimmie nelle donne e negli individui non binari durante le epidemie del 2022: una serie di casi globali e si prefigge lo scopo di contribuire ai dati sui casi confermati di vaiolo delle scimmie nelle donne. Nelle donne, cioè in chiunque si identifichi come tale, che abbia o meno la sorpresina in mezzo alle gambe e che possegga o meno il pomo d’Adamo; questo in ossequio al dogma inclusivo che vede come «donna» chiunque decida arbitrariamente di esserlo e come «persona con utero» chi donna biologicamente lo è davvero. Non ci vuole uno studio su Lancet per comprendere l’inutilità, o addirittura della pericolosità medica, di studi che si basano sull’autopercezione e non sulla biologia.
Biologia l’è morta
L’elemento devastante dello studio emerge nella modalità in cui le differenze biologiche tra le donne (vere) e i trans vengono trattate: sì perché gli scienziati ipotizzano che possano esserci differenze biologiche tra donne e trans. Nell’introdurre il documento, gli autori infatti «hanno ipotizzato che le vie di trasmissione e la presentazione clinica del virus del vaiolo delle scimmie nelle attuali epidemie potrebbero» potrebbero, badate bene «differire tra donne cis e trans». Lo studio prosegue notando, con un certo candido stupore, le «somiglianze» tra la modalità di trasmissione del vaiolo delle scimmie nelle «donne trans» e quella negli uomini, e aggiunge — incredibile! — che queste analogie non si estendevano alle intervistate «assegnate femmine alla nascita», cioè alle donne.
Nell’indicare le implicazioni dello studio, gli autori hanno pure il coraggio di affermare che «è necessario prestare particolare attenzione per evitare diagnosi ritardate e diagnosi errate nelle donne». Questo nonostante emerga chiaramente la probabilità maggiore per le «donne cis» di ricevere una diagnosi errata rispetto alle «donne trans». E nonostante il Center for Infectious Disease Policy and Research abbia stabilito che il 99% dei casi di vaiolo delle scimmie identificati negli Stati Uniti sono stati nei maschi, di cui il 94% omosessuali. Inchinatevi alla scienza.
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Cristina Gauri