Damasco, 10 nov- Negli ultimi mesi ci sono state parecchie incertezze riguardanti l’intervento russo e quello statunitense in Siria, sulle ripercussioni internazionali da questi causate e sul motivo per cui la popolazione siriana, insieme alla leadership russa, abbia denunciato l’intervento americano e abbia considerato quest’ultimo come una violazione della propria sovranità.
La premessa da fare per affrontare la questione è che, secondo le leggi del diritto internazionale, è permesso l’utilizzo della forza militare nel territorio di un paese straniero solo nei casi in cui venga presa una decisione in tal senso da parte del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, per motivi di legittima difesa o per diretta richiesta di intervento da parte dello Stato sovrano.
La questione principale da non tralasciare nell’analisi delle direttive fondamentali dei due interventi è che l’iniziativa russa è arrivata dopo una serie di richieste d’aiuto da parte del governo siriano, sia per quanto concerne la cooperazione politica, sia per quanto riguarda il supporto all’Esercito Arabo Siriano tramite l’ausilio di forze aree, il cui riscontro erano già state le numerose promesse da parte russa durante questi 5 anni di conflitto regionale scatenatosi sul territorio siriano.
Le promesse sono diventate realtà quando a partire dal mese scorso la Russia si è concentrata sull’obiettivo di un intervento militare diretto in Siria in supporto sia alle forze politiche dello stato siriano, sia all’esercito stesso, al fine di liberare le aree più importanti e gli snodi cruciali del paese dai gruppi armati terroristici. Sono iniziate infatti le incursioni aeree contro l’Isis e altre organizzazioni terroristiche in alcune zone della Siria solo dopo l’esplicita e reiterata richiesta da parte del presidente Assad.
Da settembre dell’anno scorso, invece, la coalizione internazionale guidata dagli USA ha compiuto attacchi aerei in Siria senza tenere conto delle strutture e normative militari del Consiglio di Sicurezza e senza alcun coordinamento con lo Stato Siriano. Gli Stati Uniti hanno dato il via all’intervento militare senza alcuna richiesta formale da parte del governo siriano, chiamando queste mosse militari “attacchi al terrorismo in supporto dei territori siriani”, quando invece, sin dall’inizio del conflitto, insieme ai paesi del Golfo, sono i maggiori finanziatori del terrorismo fondamentalista in Siria.
Per parlare di una seconda ingerenza, oltre a quella americana, in questi ultimi giorni la leadership russa è preoccupata per un possibile intervento diretto della Turchia per un progetto di creazione di una zona cuscinetto al nord della Siria utile sia all’addestramento delle fazioni militanti dell’Isis e di Al Nusra sia allo stanziamento temporaneo dei rifugiati. Secondo alcune fonti giornalistiche, la Turchia ha deciso di presentare questi progetti all’Unione Europea, anche per cercare di porre un rimedio all’annosa questione dell’immigrazione.
L’evidenza è comunque palese e porta a riflettere: nel corso di un anno le bombe americane non hanno minimamente sfiorato i risultati avuti durante le sole tre settimane di intervento russo. La potenza dimostrata delle forze aeree russe è complementare a quella propria della forza terrestre dell’Esercito Arabo Siriano, in vista della vittoria sul terrorismo fondamentalista e nel rispetto di una piena sovranità nazionale.
Ada Oppedisano e Ayala Shbeeb (corrispondente da Damasco)