Washington, 8 dic – Uno dei grandi argomenti a favore dell’immigrazione, declamato dai retorici dell’accoglienza senza se e senza ma, è che i sedicenti “nuovi italiani” siano l’unico modo per il nostro stato sociale di sopravvivere all’invecchiamento della popolazione e alla denatalità: le tasse versate dal lavoro degli immigrati dovrebbero dunque salvare sanità, scuole, pensioni.
Questo assunto non esiste solo in Italia, ma un po’ in tutto l’Occidente. Anche negli Stati Uniti, dove da qualche mese non passa giorno in cui non si parli della fantomatica “carovana” in arrivo dal Messico, protetta e coccolata dai media che l’hanno descritta un po’ come un allegro circo, una girandola poliedrica di sapori e profumi, di ragazzini che marciano a piedi nudi verso il confine con la terra promessa. Negli occhi le stelle del sogno americano e nelle mani la forsennata ricerca di un lavoro appena passato il confine.
Eppure i dati sul rapporto tra immigrati e stato sociale (il cosiddetto “welfare”, che fornisce sussidi ed assistenza a chi non ha reddito), raccontano tutta un’altra storia, almeno in ambito americano, e nonostante i censimenti vengano poi censurati dalla maggior parte delle emittenti televisive e dei giornali.
La narrativa liberal infatti non sa infatti come indorare la pillola dell’invasione quando i dati del Survey of Income and Program Participation dello United States Census Bureau (l’Istat statunitense) rivelano che ben il 63% delle famiglie “non cittadine” fa ricorso all’aiuto dello Stato, sotto varie forme di “assegni sociali”, rispetto al 35% delle famiglie autoctone.
Il rapporto del centro studi spiega che circa la metà dei non cittadini presi in esame dal censimento si trovano nel Paese illegalmente, mentre gli altri si dividono in residenti temporanei a lungo termine (come lavoratori ospiti e studenti stranieri) e residenti permanenti che non hanno la cittadinanza (e cioè titolari di carta verde). Tradotto in numeri, si sta parlando di circa quattro milioni di famiglie di clandestini sul territorio statunitense che vivono letteralmente a spese dei contributi versati dai cittadini americani, spesso grazie al cavillo legale di un figlio nato sul territorio degli Stati Uniti da immigrati illegali: il famoso ius soli.
Lo studio ha inoltre rilevato che il ricorso al welfare è significativamente più alto per gli immigrati rispetto agli americani in tutti e quattro gli Stati federali dove di essi vi è una maggiore concentrazione: “In California, il 72% delle famiglie senza documenti utilizza uno o più programmi di assistenza sociale, rispetto al 35% delle famiglie del luogo. In Texas, le cifre sono del 69% contro il 35%; a New York sono il 53% contro il 38%; e in Florida, del 56% rispetto al 35% “.
Spesso, per sbugiardare le grottesche menzogne della sinistra, basta guardare i numeri. Ben lontani dal nebuloso concetto di “restare umani”.
Alice Battaglia
Negli Usa milioni di clandestini vivono a spese dei contribuenti. Anche grazie allo ius soli
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