San Francisco, 1 mag – Nonostante le violente proteste degli attivisti del movimento anti-Trump, gli scontri con la polizia e le bandiere messicane, il leader repubblicano “populista e xenofobo” Donald Trump è passato, raggiungendo a piedi la convention californiana del suo partito nei dintorni di San Francisco. Nella stessa California dove il 7 giugno si terrà la sessione probabilmente definitiva delle primarie repubblicane e in cui lo stesso Trump è accreditato di oltre 17 punti di vantaggio (in crescita) rispetto al suo immediato sfidante Ted Cruz.
Tra un “Pueblo unido”, un “No pasaran” e assortiti slogan anti-razzisti, colui che si avvia non soltanto a conquistare trionfalmente la nomination repubblicana alle presidenziali Usa del prossimo autunno, ma che – dopo aver spazzato via i suoi avversari Cruz e Kasich negli Stati della costa orientale – ma anche a ottener il maggior numero assoluto di voti in queste drammatiche primarie, ha commentato con evidente soddisfazione “abbiamo eretto due muri e ci siamo passati in mezzo, abbiamo superato il confine e siamo qui”. Il muro ha fermato i violenti contestatori che – è ormai conoscenza comune – sono supportati dall’establishment democratico, Hillary Clinton in testa, George Soros e i Rothschild in qualità di finanziatori, per togliere la parola a colui del quale il popolo americano ha evidentemente compreso la superiorità rispetto alla sfidante democratica: campione dell’economia reale – poca finanza, molte costruzioni, business praticamente tutto interno al suo paese – egli appare aver colto molto bene sia lo stato reale e fallimentare dell’economia americana, sia le sue cause profonde nella delocalizzazione delle produzioni e delle tecnologia quale frutto della globalizzazione capitalista, nell’immigrazione e accoglienza indiscriminate, nonché nell’interventismo globale e scellerato di Washington, quest’ultimo passaggio esemplificato in una recente intervista televisiva nazionale in cui “il Donald” ha dichiarato che “abbiamo [gli Usa] prodotto nel Medio Oriente una instabilità come mai era capitato nella storia”. Un’evidenza che a quanto pare non è ormai il solo ad aver riconosciuto.
Nonostante, quindi, la cortina fumogena innalzata dai poteri forti e trasversali, dalle lobby finanziarie al complesso militar-industriale, i ranghi dei repubblicani a stelle e strisce si vanno sfilacciando, tanto che lo stesso ex-sfidante Marco Rubio, colui sui quali l’establishment puntava per battere Trump prima che si ritirasse dalla corsa alla nomination, lancia un appello a “tenere in debita considerazione la volontà del popolo, altrimenti avranno ragione ad arrabbiarsi sul serio”, mentre continuano gli endorsement al contestato leader populista da parte congressisti e governatori e qualcuno inizia a chiedersi seriamente se il problema sia la destra (di Trump) oppure la sinistra – dei Clinton ma anche di Bernie Sanders, che recentemente ha gettato la maschera rivelando la solita, storica doppiezza della sinistra di ogni sfumatura, invocando l’unità del partito “chiunque sia il candidato” (cioè Hillary Clinton).
Francesco Meneguzzo
2 comments
E’ pero’ possibile che anche Trump sia sostenuto dagli stessi poteri forti che hanno fatto diventare il popolo americano uno dei tanti popoli vittima della usura privata. A me Trump ricorda tanto i 5 stelle che con la loro antipolitica non hanno fatto che raccogliere il voto degli scontenti per convogliarlo poi su un binario morto. Insomma cambiare tutto per non cambiare niente
Staremo a vedere, una cosa è certa, se non è una creatura dei banchieri criminali, tenteranno di ucciderlo.