Damasco, 23 mar – Poco prima della mezzanotte di ieri -ora di Damasco-le forze della coalizione anti terrorismo in Siria hanno raggiunto lo snodo stradale che apre alla città archeologica di Palmira. La città, patrimonio dell’umanità, era dal 21 maggio del 2015, occupata dai terroristi del Califfato che ne avevano devastato i monumenti, vendendo preziosi reperti e addirittura arrivando a utilizzare i templi romani come sfondo per i macabri video delle esecuzioni di soldati siriani catturati. Il gruppo di fuoco che ha in queste ore investito i terroristi dell’Isis causando la morte di almeno trenta miliziani è composto dalle Forze Tigre dell’esercito siriano, dagli Hezbollah libanesi, dalla Brigata dei Falchi del Deserto, un gruppo speciale siriano, dai paramilitari iracheni delle brigate Imam Ali e dai Marines Siriani. La liberazione di Palmira rappresenterebbe una svolta importantissima nel panorama della guerra al terrorismo che la coalizione siriana sta portando avanti, sia per una indubbia importanza strategica, sia per l’intrinseco significato che esprimerebbe il liberare uno dei poli culturali più importanti del medio oriente. Una azione civilizzatrice che è fortemente rivendicata dalle istituzioni siriane che da cinque anni oramai si ergono, in quasi totale solitudine, contro la più grande minaccia terroristica che la storia ricordi e che a dispetto della rottura unilaterale dei rapporti diplomatici, da parte delle potenze europee e degli Usa, continua a mandare al cosiddetto Occidente libero segnali di allarme e addirittura di solidarietà.
Sono innumerevoli le interviste rilasciate dal presidente siriano Bashar Al-Assad in cui rivolge le sue attenzioni alla vicina Europa avvisando della minaccia terroristica i paesi dell’Unione, però le sue parole sono spesso coperte dal rumore informe della vulgata politically correct in cui Assad, che per amor di cronaca è in procinto di varare la quinta amnistia e ha già fissato un “election day” per aprile, è il “feroce dittatore” da abbattere. A tutto ciò si aggiunga che, anche il secondo attore dello scacchiere militare siriano, il partito armato libanese Hezbollah, ha immediatamente comunicato al mondo la sua solidarietà con le vittime degli attacchi a Bruxelles, come aveva già fatto per Parigi, affermando che “Il terrorismo va affrontato con una battaglia seria e coraggiosa, con una collaborazione totale a livello regionale e internazionale e con una politica chiara e trasparente. Restare in silenzio su questa questione sarebbe un grave peccato e porterebbe solo ad altre morti, uccisioni e ad altra distruzione”. Hezbollah esprime quindi “completa solidarietà con le persone innocenti in generale e con il Belgio e il suo popolo”. E continua affermando una verità per troppo tempo ignorata: “L’incendio che brucia nel mondo intero, in Europa in particolare, è lo stesso che è stato appiccato da alcuni poteri contro la Siria e altri Paesi della regione. E’ davvero spiacevole che tutto il mondo sia consapevole dell’origine e delle fonti di finanziamento di questo terrorismo e che le grandi potenze stiano ancora garantendo supporto e protezione a Paesi che proteggono il terrorismo”.
Come non rimanere colpiti dalla lucidità e dalla lungimiranza di queste parole pronunciate dai portavoce di quello che, in larga parte del mondo occidentale, è ancora considerato un gruppo terroristico da reprimere? Come non riconoscere che oggi, la ricetta della “democrazia porta a porta“, delle operazioni lampo a breve termine e delle “immense compagnie” in cui si incontrano vittime e carnefici sotto l’insegna comune delle buone intenzioni, non sia più replicabile perché superata, inadatta, falsa. Mentre in Europa i giovani ( non tutti per fortuna) metabolizzano il trauma dell’attacco terroristico con i gessetti colorati e i governanti, tutti complici, spacciano nelle strade nuova tolleranza, in Siria si combatte una guerra, che oggi più che mai ( per chi ancora non lo avesse capito) è anche la nostra guerra, non perché noi abbiamo deciso di combatterla ma perché abbiamo preferito NON combatterla, lasciandoci a nostra volta scegliere come vittime.
Alberto Palladino
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Avrà regalato altri Rolex d’oro.