Ankara, 5 mag – Si è concluso il braccio di ferro nei vertici del governo turco e interno al Partito Giustizia e Sviluppo (AKP), il presidente Erdogan ha costretto alle dimissioni il suo primo ministro Ahmet Davutoglu. Questa giornata si preannunciava cruciale per gli equilibri istituzionali della Turchia. Nella serata di ieri, la riunione d’emergenza avvenuta nel palazzo presidenziale tra il presidente Erdogan e il primo ministro Davutoglu pare aver inasprito i contrasti tra i due fino ad arrivare alla frattura insanabile di oggi. A seguito dell’incontro al vertice, infatti, e in merito alla defenestrazione del primo ministro già questa mattina il quotidiano turco Hürriyet annunciava il terremoto politico con un laconico “Davutoglu si ritira”, più cauto invece il giornale Milliyet che invece la definisce come una “transizione democratica”.
Nel primo pomeriggio si è conclusa la disputa con l’annuncio delle dimissioni da parte dell’artefice della fallimentare politica “zero problemi con i vicini”, Davutoglu ha dichiarato che la decisione è stata presa “non per scelta, ma per necessità”. Il primo ministro uscente ha poi aggiunto “Tornerò alla vita accademica. Dopo consultazioni con il nostro presidente e con le persone di cui mi fido, sono arrivato alla conclusione che un cambiamento nella posizione di leader del partito e di primo ministro è la cosa migliore”. Davutoglu quindi non si candiderà per la guida del partito nel prossimo congresso dell’AKP, previsto tra la fine di maggio e gli inizi di giugno.
Circolano già i nomi dei suoi possibili successori, tra i favoriti ci sono il Ministro dei Trasporti, Binali Yildirim, il Ministro dell’Energia nonché genero di Erdogan, Berat Albayrak e il Ministro della Giustizia, Bekir Bozgag. I primi segnali di una crisi erano apparsi nel fine settimana scorso, quando il comitato centrale dell’AKP ha ritirato a Davutoglu il diritto di nomina dei leader distrettuali, mentre era in Qatar per una visita ufficiale. I motivi della rottura sono da ricercare anche nella gestione dell’emergenza rifugiati, che ha portato all’accordo con l’Unione Europea, e della guerra in Siria. A cui si aggiungono le altalenanti trattative per il cessate il fuoco con i curdi e la pressione esercitata sulla stampa. Scaricato l’ex delfino Davutoglu, che rappresentava l’ala moderata interna al partito, ora il presidente Erdogan si prepara al definitivo accentramento di tutti i poteri esecutivi nelle sue mani.
Guido Bruno