Roma, 19 Gen. – Un teschio trafitto da un pugnale e due rivoltelle incrociate come sfondo: la “Tropa d’élite” brasiliana spegne oggi le sue prime trentanove candeline ricordandosi di quel 19 gennaio del 1978 quando il Boletim da Polícia Militar n° 014 gli diede ufficialmente vita. In realtà l’idea di un gruppo di agenti di polizia appositamente addestrati a lavorare in situazioni ad alto rischio era sorto dopo l’esito tragico della vicenda degli ostaggi dell’Istituto Penale Evaristo de Moraes nel 1974. Al tempo il direttore del carcere, il maggiore PM Darcy Bittencourt, tenuto in ostaggio, rimase ucciso insieme ad alcuni detenuti in fuga dopo l’intervento, rocambolesco, delle forze di polizia. Da questa tragica esperienza il capitano PM Paulo César de Amendola de Souza, che aveva assistito alla crisi, elabora un progetto per riformare le truppe d’intervento speciali della polizia militare presentandolo dopo poco tempo al comandante generale della allora PMERJ, colonnello Mário José Sotero de Menezes. Da allora, la strada degli “uomini in nero” è aperta e dopo alcuni riassestamenti burocratici e acquisizioni strutturali finalmente nel 1980 arriva il famigerato e temuto simbolo: il teschio, che diventerà per molti un segnali di sicurezza e protezione e per altri ( narcos delle favelas e associazioni dei diritti umani) un simbolo di prevaricazione e morte.
In realta la storia del Bope non è stata sempre una sequela di operazioni ben riuscite, la “Tropa” stessa ha dovuto fare i conti con la realtà quando il 12 giugno del 2000, “ i teschi” sono stati chiamati a negoziare con Sandro do Nascimento Barbosa, un rapitore strafatto che aveva preso numerosi ostaggi. L’evento è noto anche come il sequestro del bus 174. Dopo un pomeriggio passato a negoziare con il criminale ( a gesti perché sprovvisto di radio) il rapinatore viene convinto ad uscire dal mezzo, lo fa trascinando con se un ostaggio, Geisa Gonçalves insegnante di 20 anni, tutt’attorno i cecchini del colonnello José Penteado, il comandante dell’unità che era sul posto. Tuttavia, l’ordine di sparare il colpo fatale non verrà mai. Nello stallo che si genera, di sua iniziativa il soldato Marcelo Santos si avvicina ai due e fa fuoco con il suo mitra, manca il bersaglio, s’innesca una furiosa sparatoria a bruciapelo e il professore riceve tre colpi nella schiena, morendo. Come se non bastasse il sequestratore Sandro arriverà morto in prigione, sembra perché asfissiato nel furgone della polizia che lo stava trasportando. Da questa vicenda tragica che ha segnato la fine della carriera di Penteado e Santos, finito in depressione, il Bope ne uscirà però migliorato. La lezione che si impara nelle file dei Teschi è che addestramento e mezzi adeguati salvano la vita dei militari e dei cittadini. Nello stesso mese, a seguito del sequestro del bus 174, il Bope ha creato l’Unità d’Intervento Tattico (ITU), un centro specializzato per il salvataggio di ostaggi mentre nel 2001, ha adottato veicoli blindati, i temutissimi “caveirões” per proteggere i suoi uomini nei raid nelle favelas. Recentemente il battaglione è stato pesantemente criticato da gruppi per i diritti umani per aver stampato le insegne del cranio trafitto da un pugnale su tutti i suoi mezzi blindati, segno certo non di pace, ma che sortisce un effetto di panico e rispetto, in chi ha la fortuna, o sfortuna, di incrociarne la strada.
Nel 2007 il battaglione sbarca al cinema con la realizzazione filmica del libro “Tropa de Elite” ed è successo mondiale, tra fan e detrattori il Bope è sulla bocca di tutti e la colonna sonora del film viene cantata in tutto il mondo: “ Truppa d’elite, osso duro da rodere….” e così via tra video di feste in favelas con Ak, cocaina ed operazioni ad altissimo effetto. Come quando il battaglione ripulì in pochissimo tempo centinaia chilometri di favelas per la visita del Papa in Brasile o la maxi operazione per mettere in sicurezza la coppa del mondo del 2014. Ancora oggi i soldati neri del Bope si arrampicano ancora sui costoni scoscesi delle colline brasiliane dove sorgono le immense baraccopoli, regni indiscussi, o quasi, dei signori della droga che forse in questo giorno hanno poco da festeggiare temendo in ogni istante l’arrivo di “eroi anonimi di una guerra senza tregua” come si legge nel loro inno.
Alberto Palladino
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onore.