Madrid- 26 giu – Sei mesi dopo le elezioni del 20 dicembre, ieri gli spagnoli si sono recati di nuovo alle urne. Anche se sono andati a votare due volte, non hanno cambiato idea e i risultati sono sostanzialmente gli stessi. I dati più significativi sono stati il calo della partecipazione (hanno votato solo il 69,78% degli aventi diritto, il dato più basso della storia repubblicana spagnola) e la crescita dei popolari, unico partito che ha rafforzato il suo risultato rispetto al dicembre 2015 e che è il vincitore di questa tornata elettorale. Il PP è passato da 123 a 137 seggi. Il PSOE ha perso 5 seggi in questi sei mesi, prendendone 85 (22,66%). Così Pedro Sánchez ottiene per la seconda volta il peggior risultato nella storia dei socialisti spagnoli. Si è dimostrato, però, soddisfatto di essere ancora sopra i numeri di Podemos.
Podemos, che questa volta è andato in coalizione con la storica formazione comunista Izquierda Unida, ha riconosciuto apertamente la sua sconfitta: 71 seggi (21,1%). Le aspettative del partito viola nato due anni fa andavano molto oltre. I sondaggi, infatti, suggerivano persino la possibilità di un sorpasso allo storico PSOE, decretando Podemos come avanguardia dello storico elettorato di sinistra. Invece il risultato resta invariato allontanando così la possibilità di entrare a far parte di un’ipotetica coalizione di governo.
Per quanto riguarda Ciudadanos, formazione emergente autodefinitasi ‘di centro’, sono 32 i seggi ottenuti (13,05%), 8 in meno rispetto alle recenti elezioni invernali. A quanto pare, l’appoggio al fallimentare progetto di governo di Pedro Sánchez non ha convito gli elettori, che sono per lo più elettori di destra. Nonostante i risultati, Rajoy non può ancora ambire tecnicamente ad essere il Premier spagnolo. Per la maggioranza assoluta bisogna ottenere 176 seggi, cifra lontana per i primi tre partiti. In pratica, sarebbe necessaria una Grande Coalizione PP-PSOE per formare un governo con una maggioranza solida dal punto di vista dei numeri. Questa soluzione, che può sembrare stravagante, fu già stata paventata da Rajoy dopo le scorse elezioni ma fu rifiutata dal PSOE. In realtà una maggioranza semplice sarebbe possibile se si trovasse l’accordo tra il PPE e i centristi di Ciudadanos lasciando fuori il PSOE. Ma il tono aggressivo che i candidati hanno tenuto finora e le linee rosse che hanno fissato ostacolano notevolmente il riavvicinamento tra di loro.
L’unica cosa certa è che il certificato di morte del bipartitismo spagnolo è stato rilasciato e che il Parlamento spagnolo assomiglierà sempre di più alle altre Camere europee. Si deve aggiungere, però, che l’ascesa dei nuovi partiti avrà un limite e non potrà essere sempre esponenziale.
Infine, la ripetizione delle elezioni si è rivelata un paradosso democratico: i politici hanno concesso agli spagnoli l’opportunità di ripensare al voto. Ma il risultato è stato più o meno identico con il rebus odierno di dover per forza formare un governo di coalizione.
Laura Portoles
1 commento
Buongiorno. La Spagna é una Monarchia, non una repubblica ( “il dato più basso della storia repubblicana spagnola”).
Per il resto concordo, Spagna, come Italia e Grecia, la crisi ha avuto l’effetto di distruggere la governabilità, a meno che non si governi tra opposti coalizioni.