Berlino, 15 apr – Sorpresa, la Germania non è un paradiso per i lavoratori. Secondo una ricerca della Süddeutsche Zeitung, che ha analizzato i dati forniti dall’Università di Linz e dall’Università di Tubinga, sarebbero 8 milioni i tedeschi che nel 2013 hanno lavorato in nero per un totale di 350 miliardi sottratti alle casse dello Stato, circa il 13% della produzione totale del paese.
Un vero e proprio record negativo che secondo il quotidiano bavarese è legato a doppio filo al fatto che i cittadini tedeschi in gran parte si rifiutano di utilizzare le carte di credito, circa il 60% di loro infatti preferisce il denaro contante, una percentuale ben superiore alla gran parte dei paesi Ue. Secondo la Süddeutsche “due terzi dei danni prodotti sono causati da imprenditori e lavoratori che preferiscono accordarsi per pagamenti interamente illegali delle prestazioni fornite, l’altro terzo è dovuto alla prassi di versare sui conti degli operai somme inferiori rispetto a quelle effettivamente erogate”.
In particolare nella capitale Berlino, a causa soprattutto al forte sviluppo del settore edile, per quanto negli ultimi anni il lavoro sommerso sia diminuito, la situazione è decisamente drammatica con una percentuale di dipendenti privi di regolare contratto che supera nettamente la media nazionale.
In base a quanto riportato da Italia Oggi inoltre il cospicuo numero dei cosiddetti “Schwarzarbeiter”, i lavoratori irregolari, sarebbe tale anche perché i controlli sul lavoro sono pochi e grazie alla fumosa legislazione europea gli operai che lavorano in Germania spesso vengono retribuiti non in base agli standard sindacali tedeschi ma secondo le tariffe di paesi come la Bulgaria o la Polonia.
Eugenio Palazzini