Damasco, 3 giu – La Siria non è sola. Con le nazioni arabe sunnite che da tempo sostengono più o meno direttamente gli islamisti anti-Assad, con l’Europa grande assente e gli Stati Uniti attenti a non inimicarsi gli storici alleati sauditi e turchi, ecco che il primo vero e fondamentale aiuto alla Siria giunge da Teheran.
Secondo il quotidiano libanese As-Safir (notizia riportata anche da varie fonti arabe) circa 20 mila soldati sciiti iracheni, libanesi, della Guardia Repubblicana e delle Quds Force iraniane, sarebbero già schierati nell’area calda del conflitto attorno ad Idlib pronti a lanciare un’offensiva al fianco dei soldati del presidente siriano Bashar al-Assad contro i jihadisti che recentemente hanno conquistato Palmira.
Il Capo di Stato maggiore dell’Esercito siriano, il generale Ali Abdullah Ayyoob, ha visitato le truppe a Idlib nel nord-ovest della Siria confermando che l’offensiva finalizzata a riprendere il controllo della zona Jisr al-Shogour-Idlib è imminente. E avverrà grazie al supporto dei militari inviati da Teheran e comandati, riferisce As-Safir, dal generale iraniano Qasem Soleimani, comandante delle forze speciali dei Guardiani della Rivoluzione, l’uomo che gli stessi statunitensi soltanto due anni fa giudicavano il più potente di tutto il Medio Oriente. Soltanto pochi giorni fa Soleimani aveva dichiarato: “Il mondo sarà sorpreso da ciò che noi e la leadership militare siriana stiamo preparando per i prossimi giorni”.
Come è noto Iran e Siria hanno uno storico patto di mutua difesa che può essere ufficialmente attivata soltanto se un’altra nazione prende parte al conflitto interno a uno dei due Stati. Se l’avanzata dell’Isis, giunto fino alle porte di Damasco, poteva non bastare per giustificare l’invio di militari sul campo siriano da parte di Teheran, il sostegno sempre più manifesto della Turchia agli islamisti anti-Assad può essere la carta che l’Iran proverà a giocarsi per giustificare il proprio legittimo intervento nel caso di probabili proteste internazionali. E’ del tutto evidente che sarebbe difficile per chiunque mettere in dubbio la legittimità o meno dell’ingerenza iraniana, che apparirebbe comunque conseguenziale alle ormai continue mosse sul campo da parte di Arabia Saudita, Qatar e in particolare della Turchia.
In ogni caso l’Iran non può permettersi di assistere inerte, a prescindere dagli accordi internazionali, all’avanzata dell’Isis verso la costa siriana e le zone militarmente più strategiche e decisive per le sorti della guerra. In particolare è vitale per Assad e per l’Iran stesso salvaguardare il corridoio che connette Damasco a Latakia e Tartus, ovvero, in ordine, il principale porto siriano e la città che ospita l’unica base navale russa del Mediterraneo. E se Teheran non sta a guardare, difficilmente Mosca assisterà in silenzio all’avanzata dell’Isis verso la costa. Inutile poi specificare quanto sarebbe grave per l’Europa stessa permettere ai jihadisti di controllare l’accesso ai porti del Mediterraneo orientale. Il conflitto si complica ulteriormente quindi, ma una cosa è certa oggi più che mai: la Siria non è la Libia, la Siria non è sola.
Eugenio Palazzini