Homs, 5 feb – La strada che da Damasco conduce a Homs è disseminata di posti di blocco dell’esercito siriano. Arriviamo in quella che fino a cinque anni fa era una delle perle della Siria. Homs diede i natali a un’intera dinastia di imperatori romani grazie a Giulia Donna, natia dell’allora Emesa, che sposò il proconsole romano Settimio Severo, divenuto imperatore sei anni più tardi. Adesso è una città spettrale, con interi quartieri completamente distrutti. Gran parte degli abitanti adesso vive nei campi profughi allestiti dal governo che ora ha realizzato un progetto di ricostruzione, un’operazione inevitabilmente improba volta a far tornare quasi 700 mila persone nella loro città. Ci troviamo a pochi chilometri dal Krak dei Cavalieri, massima fortezza crociata, rinconquista dalle truppe governative e a 120 km da Palmira ancora in mano ai jihadisti. Lungo Hama Street emerge solitaria, seppure gravemente danneggiata dai mortai, Khaled Al-Walid, la moschea principale della città dedicata alla “Spada dell’Islam”, il più grande guerriero islamico dell’epoca classica.
Tutto intorno l’abitato non esiste più. L’aria tiepida stride con gli spifferi di vento gelidi che giungono dalle facciate squarciate nel deserto di una città morta che sta lentamente risorgendo. Percorriamo la via degli armeni rasenti a quello che rimane dei muri delle case e dei negozi. Il quartiere confinante è ancora controllato dai terroristi ma il governo permette agli abitanti di entrare e uscire per portare cibo e medicinali all’interno. Intanto proseguono i negoziati con quelle che il vicegovernatore della città definisce “bande di criminali oramai allo sbando”. Ci confessa che “certo, potremmo facilmente radere al suolo il quartiere dove sono asserragliati i terroristi ma questo vorrebbe dire uccidere anche i civili”. Attraversiamo su un minibus le zone adiacenti al quartiere armeno, un benzinaio fuma in solitaria l’ultimo mozzicone di sigaretta su un cumulo di macerie, di fianco a quella che un tempo era una stazione di servizio e adesso é un’unica pompa a meno di 1 km in linea d’aria dai mortai dei jihadisti, che non hanno legami con al-Nusra e neppure con altre organizzazioni terroristiche dall’ormai macabra fama come l’Isis, ma continuano a compiere attentati e tenere in scacco 15 mila famiglie martoriate da anni di barbarie.
I soldati a guardia della chiesa armena ci sorridono, hanno appena ripulito un tunnel da cui giungevano i terroristi direttamente sulla piazza antistante, compivano attentati in quello che solo cinque anni fa era uno dei quartieri più vitali dell’intera città, costellato di ristoranti tipici che servivano hummus e kebab di agnello speziato in locali adornati di maioliche bianco nere. Le vie sono deserte, le percorrono solo mezzi militari e sporadiche autovetture che al tramonto scivolano via verso casa, per chi ancora a Homs una casa ce l’ha. Nel nulla, un negoziante ha appena riaperto la sua rivendita di abbigliamento per bambini, “non passa nessuno ma sto qua, con la luce accesa, come esempio di riscatto della mia terra che tornerà a splendere”.
https://www.youtube.com/watch?v=XiSgxzNjlf4&feature=youtu.be
da Homs, Eugenio Palazzini e Alberto Palladino
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Basta aggiungere a questo video https://m.youtube.com/watch?v=lUZ4nluO-7U
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