Gerusalemme, 6 dic – Ariel Sharon, ex premier israeliano, in coma dal 2006 a causa di un’emorragia cerebrale, è prossimo al decesso. Zeev Rotstein, il direttore sanitario della struttura che ha in cura il politico israeliano, parla di “un lento graduale deterioramento nella funzionalità dei suoi organi vitali”. A una radio israeliana il medico ha inoltre dichiarato: “Il suo cuore sta andando meglio di quello che abbiamo pensato, ma è sempre in pericolo di morte imminente, e io sono più pessimista di prima”.
Ariel Sharon, all’anagrafe Ariel Scheinermann, nasce il 26 febbraio del 1928 da una famiglia di ebrei lituani immigrati nel Mandato britannico della Palestina. A 14 anni aderisce al Gadna, un battaglione giovanile paramilitare, per poi approdare all’ Haganah, la formazione antesignana delle moderne Forze di Difesa Israeliane. Diventa Capitano a 21 anni e Ufficiale dei servizi segreti a 23. Nel frattempo combatte attivamente nella guerra arabo-israeliana del ’48-’49 e parteciperà a tutti i conflitti intrapresi da Israele. Con un folgorante cursus honorum si guadagna la reputazione di soldato esperto e freddo: nell’ottobre del ’53, al comando dell’Unità 101, ordinò la distruzione di 45 abitazioni con la relativa uccisione di 69 arabi che vi si trovavano all’interno. Questo massacro, fortemente condannato dall’Onu, passerà alla storia come la Strage di Qibya. Nel ’56 lo troviamo a Suez a capo di una brigata di paracadutisti, nel ’67 ha comandato una divisione nel Sinai, nel ’73, nonostante avesse annunciato l’abbandono delle armi, non rinuncia alla sua vocazione e comanda una divisione corazzata durante la Guerra del Kippur.
Dopo tante guerre si dedica alla politica, esperienza le cui cifre distintive saranno nuovamente un curriculum di tutto rispetto e una ferma vocazione militare: dal 1977 al 2001 è parlamentare del Likud, partito di destra liberale, ministro dell’Agricoltura, della Difesa, del Commercio, delle Infrastrutture, degli Esteri e Primo Ministro. Come ministro della Difesa, nel 1981, è fautore dell’invasione del Libano che causò il massacro di migliaia di civili palestinesi che si trovavano nei campi profughi di Sabra e Shatila. A proposito del massacro, Walid Sukkarieh, membro della Lega Internazionale Parlamentare per la Causa Palestinese, ha dichiarato: “Vennero ignorate le garanzie presentate da Israele e dal Libano nei confronti della comunità internazionale di non entrare nei campi profughi palestinesi. Questo fatto di sangue, pur essendo il più atroce, non fu né il primo né l’ultimo nella storia di Israele”. Ad Israele viene riconosciuta una responsabilità indiretta dalla Commissione Kahan ma l’imbarazzo di fronte al mondo intero è talmente grande che Sharon viene sollevato dal suo incarico dalla stessa Commissione di inchiesta israeliana.
Elie Hobeika, il responsabile diretto della strage, molti anni dopo, dichiarò di voler dire la verità sul massacro di Sabra e Shatila e accusò Sharon che non fu mai processato perché Hobeika morì ucciso da un’autobomba.
Ormai divenuto un politico consumato, Sharon, prima delle elezioni del 2001, trova il colpo di teatro per volare nei sondaggi: scortato da circa mille uomini armati, passeggia sulla Spianata delle moschee, luogo sacro ed inviolabile per le tre religioni abramitiche, maramaldeggiando sui palestinesi già umiliati. L’oltraggio sancì l’inizio della seconda Intifada ma anche la vittoria alle elezioni del Likud e per Sharon contava questo.
Il 20 novembre 2005, il veterano di guerra fonda un nuovo partito dall’impostazione più centrista e liberale, il Kadima. Un mese dopo viene colpito da un ictus e, nel gennaio dell’anno successivo, da un’emorragia cerebrale, la stessa che lo sta uccidendo.
Aurora Benincampi