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Sanzioni alla Turchia: così l’Unione Europea finge di essere “forte”

by Giacomo
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Roma, 13 dic – Il 10 dicembre il Consiglio europeo si è riunito per produrre conclusioni comunitarie su temi relativi all’economia – Quadro Finanziario Pluriennale e Next Generation EU – al Covid-19, ai cambiamenti climatici e, in ultima istanza, alla difficoltosa situazione nel Mediterraneo orientale e alla proposta di sanzioni alla Turchia.

Un’escalation che parte da lontano

L’interesse dell’Unione Europea per la questione mediterranea iniziò già durante lo scorso agosto. In estate Erdogan inviò la nave da ricerca Oruc Reis in una zona del Mediterraneo contesa da due accordi differenti interessati alla creazione di una Zona economica esclusiva nel tratto di mare strategico compreso fra Cipro e Creta.

Sebbene il presidente turco Recep Tayyip Erdogan avesse proclamato il ritiro della Oruc Reis come un atto di diplomazia in seguito alle richieste europee, altre fonti ufficiali hanno categoricamente smentito il Presidente, chiamando in causa la semplice necessità di manutenzione ordinaria. Ad ottobre si è tenuto il secondo round di trivellazioni, con l’affiancamento delle navi Ataman e Cengiz An alla Oruc Reis nelle acque a sud dell’isola greca di Kastellorizo. In quell’occasione la logica della politica estera turca venne perfettamente riassunta da un tweet del Ministro dell’energia del governo di Ankara, Fatih Donmez: “Continueremo a cercare, perforare e proteggere i nostri diritti”, in riferimento, ovviamente, alle acque del Mediterraneo orientale.

Come al solito, più parole che fatti

Il capitolo del rapporto del Consiglio europeo dedicato alla situazione turca non è altro che una mera sviolinata al presidente Erdogan. Il tentativo è quello di far presa sull’opinione pubblica accontentando apparentemente la Grecia e, allo stesso tempo, le nazioni con fruttuosi accordi commerciali in Turchia.

Non a caso, in vari punti si leggono continui ed apparenti cambi di direzione del Consiglio durante la stesura, come se ci fosse l’intenzione di mantenere una situazione di stallo comoda ai più. Più in particolare, “il Consiglio europeo invita ad adottare una lista aggiuntiva sulla base della sua decisione dell’11 novembre 2019 concernente misure restrittive in considerazione delle attività di perforazione non autorizzate della Turchia nel Mediterraneo orientale”. Ciò non comporta direttamente sanzioni alla Turchia, bensì ad una cerchia di privati ed aziende che hanno contribuito all’attività di ricerca di idrocarburi nelle aree tra Grecia e Cipro.

Grazie alla sopracitata decisione, esplicitata dal Consiglio tramite un comunicato stampa a metà novembre dello scorso anno, due funzionari turchi – il vicepresidente e il vicedirettore della Turkish Petroleum Corporation – erano già stati sottoposti ad alcune sanzioni. Tra esse il divieto di viaggio nell’Ue ed il congelamento dei beni. Faceva capolino anche il divieto alle persone ed entità dell’Ue di mettere fondi a loro disposizione.

Sanzioni alla Turchia: un autogol per l’Ue

Ankara ha risposto prontamente all’allungamento della lista di soggetti turchi sottoposti a sanzioni individuali dall’Unione Europea, respingendo categoricamente “l’approccio fazioso e illegale verso le questioni di Cipro, del Mediterraneo orientale, dell’Egeo delle questioni regionali”. E’ stato poi lo stesso Erdogan a prendere parola in merito. Il premier ha esultato per la sconfitta di chi – come Grecia e Francia – premeva per sanzioni più drastiche ed incisive. Il tentativo di ingerenza europea nella questione greco-turca, sviluppatosi più a parole che nei fatti – concretamente si tratta di fievoli sanzioni individuali – sarà un’ottima occasione per Erdogan di ispessire il consenso dell’AKP in chiave anti-occidentale. Perfettamente in linea con le parole e la propaganda attuata nelle ultime settimane contro la Francia per guadagnare consenso nel mondo islamico.

Giacomo Garuti

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1 commento

Mirco 14 Dicembre 2020 - 12:23

Invito alla mobilitazione totale e nazionale contro l governo per far ritornare i 18 pescatori ancora in mano libiche La loro miserabile inefficienza vale 27 mila euro a famiglia. VERGOGNOSO.

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