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“Repubblica” scova gli “eco-nazi”. La loro colpa? Fanno miele e sorridono

by Adriano Scianca
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eco-naziRoma, 18 ott – La Germania che ha accolto un milione di sedicenti profughi in un anno, che ospita circa 500 jihadisti sul suo territorio, in cui farsi un bagno in piscina senza essere molestata da qualche “sfuggito alla guerra” è ormai un’impresa per ogni donna, deve pur raccontarsi qualcosa per giustificare il disastro che sta creando nel proprio tessuto sociale. E quale modo migliore se non far leva sul nazionalsocialismo eternamente risorgente e su tutti i complessi che i tedeschi hanno rispetto a quell’epoca? Ad aiutare il popolo germanico nel processo di autocolpevolizzazione ci pensa del resto il fido alleato italico, nella fattispecie la redazione di Repubblica, che recentemente, nel suo supplemento del venerdì, ci ha una vera chicca: l’inchiesta sul “villaggio degli artamani”.

Si tratta di Koppelow, nel Meclemburgo. Qui ci sarebbe la ridotta degli ultimi nazi. Anni fa, infatti, “Huwald Fröhlich, tagliaboschi e produttore bio, scrisse varie lettere su riviste di estrema destra come Opposition für Deutschland, invitando i camerati a raggiungerlo nel luogo simbolo dell’avanguardia bruna. Con lui arrivarono il fabbro Jan Krauter, che vende coltelli e rune di ferro, e la rilegatrice Irmgard, sul cui sito web campeggia il Signore degli anelli di Tolkien, mito intramontabile dell’estrema destra”. Un produttore bio e una rilegatrice: la democrazia ha le ore contate.

Ammesso e non concesso che i soggetti citati siano davvero simpatizzanti di destra radicale o persino veri super-nazisti, non è chiaro dove sia il reato e cosa proponga Repubblica: divieto di vivere nella stessa città? Li mandiamo al confino? Oppure rispolveriamo il colpo alla nuca? L’ingresso nel laboratorio del neonazismo cosmico sembra tratto da un film di Michael Haneke: “Una gallina sbuca da dietro una ruota, ci guarda perplessa. All’improvviso un uomo vestito di nero esce correndo dalla fattoria. «Che volete?» urla. Ci presentiamo, gli chiediamo se conosce il suo vicino di casa, Huwald Fröhlich. E se conosce i neo-artamani. Abbiamo cercato di bussare anche da Fröhlich, inutilmente. L’uomo scopre i denti con un ghigno: «Leggende. Il mio vicino è un tranquillo boscaiolo. I neo-artamani non esistono». Poi si avvicina: «Ora basta, andatevene»”. Se solo quella gallina potesse parlare, chissà a quanti soprusi avrà assistito.

Ma come si vive nel villaggio dei nazisti? “Niente teste rasate, da queste parti: hanno i capelli lunghi. Niente bronci: sui siti web sorridono gentili. E i vestiti hanno un’aria antica: lana grezza, cuoio”. Si chiamano “contadini”, ce ne sono anche da noi, sapete? È comunque tipico di questo stile inquisitorio il fatto di trasformare in a carico quelle che invece dovrebbero essere a discolpa: stai sorridendo? Ti stai mascherando da buono per meglio sabotare la democrazia. Il fatto che queste persone siano davvero felici per i fatti propri non sfiora la mente della cronista. Dopo un’altra incitazione allo sterminio (la scritta “Vero miele tedesco” in una fattoria), la giornalista scopre la pistola fumante, ovvero “il simbolo inequivocabile della nuova avanguardia hitleriana: l’Irminsul, una sorta di colonna alata, un simbolo germanico e pagano che gli artamani e gli econazi mettono all’ingresso delle loro case per riconoscersi a vicenda. Meno spettacolare delle rune o delle svastiche, più in sintonia con il loro culto della segretezza”. Come noto, a tutti tranne che a Repubblica, l’Irminsul è semplicemente il simbolo dell’albero della vita e non risulta sia illegale, ma tant’è.

“Detesto usare termini militari, ma posti come Koppelow sono le loro teste di ponte, le loro basi”, commenta Elisabeth Siebert, politologa antinazista. Tedeschi che fanno da testa di ponte in Germania. Ma allora è vero che il Paese è sotto invasione. Praticamente si sta auto-invadendo. La Siebert, che la sa lunga, Spiega: “Tra un’attività e un’altra fanno cadere una battuta sui profughi ‘invasori’, raccontano una barzelletta sugli ebrei o sugli omosessuali”. Valla a smentire, la Siebert: gli eco-nazisti dicono le barzellette razziste: quando? Dove? A chi? Boh. Ma la vaghezza accentua il mistero, quindi tutto fa brodo. Come ogni articolo allarmista che si rispetti, non poteva mancare l’enfasi posta sui bambini. “Se chiedi ad uno di questi bambini cosa vuol fare da grande – dice ancora la Siebert – ti risponde: ‘Farò ciò che servirà al mio popolo’. Ogni impulso a sviluppare una personalità autonoma è brutalmente represso. L’individuo non conta nulla, conta solo il popolo”. Bambini che sognano di mettersi a disposizione del proprio popolo: ma dove andremo a finire? Sempre che qualche bimbo abbia davvero detto qualcosa del genere, dato che finora abbiamo solo raccolto dei racconti da portinaia. Un’altra “esperta” paranoica intervistata è Andrea Röpke, che descrive i campeggi neonazisti dove “migliaia” di bambini vengono iniziati all’uso delle armi. Peccato che neanche uno sia capitato a Colonia la sera di Capodanno.

Adriano Scianca

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9 comments

Paolo 18 Ottobre 2016 - 8:35

“Repubblica” non è una testata giornalistica, è carta igienica.

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Anonimo 19 Ottobre 2016 - 12:20

Sento il bisogno di dire una cosa. Quest’articolo era veramente ben fatto. Funzionava davvero bene. Svolgeva in modo efficace un compito importante, delicato e di difficile esecuzione: mostrare, tramite una sana ironia, la pericolosità del giornalismo politicamente corretto quando nello stigmatizzare l’avversario politico coglie anche l’occasione per alimentare pregiudizi e aizzare gli animi contro chi vive secondo i propri punti di vista.
Era davvero un buon articolo, se non fosse stato per quell’ultimo velenoso rigo in cui è contenuta la “battuta” sul capodanno di Colonia. Personalmente non sono in grado di dire se davvero in Germania esistono posti in cui i bambini sono iniziati in massa all’uso delle armi, spero si tratti di un fenomeno marginale. In ogni caso è sbagliato fare del sarcasmo su un ipotetico uso della forza per risolvere problemi, autentici, come quelli portati dall’inclusione forzata di masse di migranti, al tessuto sociale dei luoghi in cui vengono introdotti.
Peccato. Capita spesso su questo sito di leggere buoni articoli che vengono poi sporcati da una pessima ma rivelatrice battutina finale.

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Anonimo 19 Ottobre 2016 - 8:34

“Rivelatrice battuta finale”….
Scrivi su Repubblica anche tu !

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Anonimo 19 Ottobre 2016 - 9:29

Non scrivo su republica, nè su un qualsiasi altro giornale.

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Paolo 19 Ottobre 2016 - 10:33

Rivelatrice di che cosa, scusi?

Personalmente, in quella che lei stigmatizza come “rivelatrice battutina finale” io leggo soltanto una grande rabbia, ed una grande esasperazione, da parte di un’uomo (l’ articolista) che sta vedendo tutto sgretolarsi intorno a se, con la complicità immonda di una stampa corrotta e pennivendola.

La battuta ci sta eccome, visto che su fatti come quelli di Colonia si è tentato (e si tenta tutt’ ora) di minimizzare, di edulcorare in modo vergognoso, e poi in modo altrettanto vergognoso e folle, si monta una caccia alle streghe senza senso, crocifiggendo una comunità solo perchè ha scelto di vivere all’ insegna dei vecchi simboli della tradizione, anzichè di quelli attuali della globalizzazione.

La questione è che se anche lei non prova questa rabbia, ed anzi riduce tutto al solito esercizio accademico di cosa va detto e cosa non va detto (rivelando quindi automaticamente la sua propensione al politicamente corretto) vuole dire che o lei è sostanzialmente d’ accordo con chi da questo articolo viene attaccato, oppure che vive così tanto nella bambagia da non essere toccato da determinati problemi, e quindi non li sente.

Vorrei vedere come la penserebbe, se anche a sua moglie o a sua figlia fosse toccata (e badi bene, non glielo sto affatto augurando) un’ esperienza come quella vissuta dalle donne di Colonia quella notte.

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Anonimo 19 Ottobre 2016 - 10:26

Non provo rabbia perché non me lo posso permettere. Vivo con 300 euro al mese che mi passa mia madre, sto approfittando della generosità di una lavoratore (sfruttato) che mi ospita in casa sua e non mi fa pagare l’affitto, ed ho un’auto in panne nel parcheggio che non muovo da quasi un anno.
Penso che quando stai conducendo una battaglia giusta, e ti fai scappare una battutina idiota, metti a rischio la causa per cui ti batti, specialmente quando sei circondato da finti buoni che non vedono l’ora di mostrare quanto sei malvagio. Sono anche consapevole del fatto che la battutina potrebbe essere “rivelatrice” solo di un mio retropensiero, che non corrisponde a niente di esistente nella mente di chi ha scritto l’articolo.
Se chicchessia molestia sessualmente una donna a me cara, cerco di metterlo nei guai con la giustizia, nella misura in cui il fatto che sono completamente senza soldi mi consente di farlo.
Mi piacerebbe vivere in un eco villaggio.

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Gaetano 19 Ottobre 2016 - 3:24

Credo che “Repubblica”, Magari Non abbia “battutine” rivelatrici, e trascini, anche, “SE” in modo professionale, ma talvolta su canali sbagliati. Preferisco battutine sarcastiche e schiette, che depistaggi subdoli, che fanno leva sul “Sinistro Buonismo” tipicamente partigiano. Il compagno che si ritiene”SUPERIORE”, Che lotta contro i guerrafondai con la “CULTURA”. Preferisco schiettezza e sarcasmo, ad un linguaggio apparentemente neutrale, ma che vela dei “SINISTRI” “BUONISTI” “DEMOCRATICI”propositi.
E comunque Professò… Grazie di dirci che è sbagliato fare del sarcasmo su un ipotetico uso della forza per risolvere alcuni problemi…. Meglio stare zitti?? meglio andare sul neutrale? Meglio dire: “NON ABBIATE PAURA”.. Meglio fare “ACCOGLIENZA” meglio SFRATTARE Qualcuno in difficoltà? NON credo che un po’ di sarcasmo giornalistico sia poi inadeguato o pericoloso, come parole di leader religiosi, che inducono a divenire pecore, o di parole di leader politici che inducono alla sottomissione….. Sbagli fatti un tempo, vengono ereditati, creando continui pregiudizi, e distogliendo la gente dalla realtà “ATTUALE”. La battutina “RIVELATRICE”… e che Rivelerebbe?

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Anonimo 19 Ottobre 2016 - 10:29

Le ricopio una parte di quello che ho scritto sopra.

“Penso che quando stai conducendo una battaglia giusta, e ti fai scappare una battutina idiota, metti a rischio la causa per cui ti batti, specialmente quando sei circondato da finti buoni che non vedono l’ora di mostrare quanto sei malvagio. Sono anche consapevole del fatto che la battutina potrebbe essere “rivelatrice” solo di un mio retropensiero, che non corrisponde a niente di esistente nella mente di chi ha scritto l’articolo.”

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Paolo 20 Ottobre 2016 - 3:17

Chi le risponde (ovvero, il sottoscritto), sta sicuramente meglio di lei (dal punto di vista economico) sia pure non di molto; diciamo che tra la rata del Prestito, le spese di Condominio (e le pago facendo a metà con mia madre, con cui convivo), la bolletta della Luce ed un po’ di spesa mensile, arrivo a pareggio di bilancio. Non mi sto lamentando, sia chiaro. Però vivo nella costante paura – anzi terrore – che le cose peggiorino ulteriormente.

Per quanto mi riguarda, la rabbia è una delle poche cose che mi sono rimaste. Almeno mi permette di sentirmi ancora vivo, e capace di scegliere.

Sul fatto che occorra essere molto attenti – sia a cosa si scrive sul web, sia alle proprie parole, sia alle proprie azioni – è indubbiamente un dato di fatto, sul quale mi trovo d’ accordo con lei al 100%.

Guai, assolutamente guai a fornire pretesti ad una controparte che non aspetta altro che il minimo appiglio per poter dare fiato alle trombe e scatenare immediatamente mediatiche cacce alle streghe, assolutamente prive di senso ma tanto care ai sostenitori del pensiero unico ed al loro gregge di frustrati.

Ovviamente mi riferisco – per quanto mi riguarda – a casi molto eclatanti, come quello della giornalista ungherese Petra Lazlo, rea di aver sgambettato il sedicente osama e ad aver così involontariamente contribuito a trasformare in martire una persona socialmente ed assolutamente insignificante (ed a parere di PN, addirittura potenziale terrorista).

E cmq, auguri di cuore per la sua situazione. Spero che le cose possano cambiare almeno un pochino in meglio. Per lei, per me, per tutti.

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