Hodespruit, 12 ott – L’endemica corruzione che caratterizza il Sud Africa del post apartheid ha avuto anche gravi conseguenze nelle preservazione delle specie animali in via di estinzione. L’elezione di Mandela, fortunatamente, non ha però avuto le tremende conseguenze della decolonizzazione in Kenya, quando, dopo la cacciata delle forze armate britanniche e lo scioglimento delle milizie dei coloni residenti, i parchi naturali furono presi d’assalto per soddisfare la domanda di avorio e di cibo. Il governo sudafricano si distingue, rispetto agli altri stati del continente, per una migliore organizzazione ed un grande impegno per arginare il fenomeno del bracconaggio. E’ possibile acquistare un po’ ovunque braccialetti dal modico prezzo di 50 zar per salvare gli elefanti, i rinoceronti e l’ecosistema marino. Purtroppo non è possibile sapere quanti di quei 50 zar finiscano alle riserve e quanti invece nelle tasche di uno dei tanti politici e funzionari corrotti dell’African National Congress.
Lo stato da solo non è in grado di finanziare un moderno piano di ripopolamento delle specie in via d’estinzione della savana africana. Ecco quindi che alcuni gruppi di filantropi, boeri per lo più, movimentano ingenti somme di denaro per preservare le specie minacciate dalla caccia e dalla distruzione dell’habitat naturale. Hodespruit Endangered Species Center è una struttura inserita nella suggestiva riserva privata Kapama, confinante con il Kruger National Park. La struttura è gestita da un gruppo di sudafricani bianchi. Sarah e Frank, due e ranger della struttura di origine boera mi spiegano le attività che vengono svolte nella riserva.
“In molti pensano che qui curiamo gli animali feriti. Si sbagliano. Qui facciamo qualcosa di molto più complesso: alleviamo animali in via d’estinzione e li liberiamo nella savana.”. Numerosi e vasti recinti ospitano licaoni, ghepardi e rinoceronti. Sono loro gli animali più a rischio di estinzione in Sud Africa e sono questi animali che vengono allevati. “Facciamo accoppiare gli esemplari, che ospitiamo nelle nostre strutture. Ad esempio quando sappiamo che i ghepardi femmina sono in calore, le avviciniamo ai recinti dei maschi. Le femmine scelgono il loro partner e noi spostiamo la coppia che si è formata in un’area riservata solo a loro due e per diversi mesi li abbandoniamo lì. Poi, quando è giunto il momento, andiamo a verificare se la femmina era rimasta in cinta e se aveva partorito regolarmente i cuccioli. Noi vediamo i cuccioli solo quando hanno già diverse settimane di anzianità. Non possiamo infatti entrare in contatto con i piccoli di felino sino a quando non sono già formati, rischieremmo di abituarli troppo all’uomo.”
I licaoni appena ci vedono arrivare iniziano a gironzolare intorno alle aperture del recinto. “Vogliono scappare” mi spiega Frank “I licaoni nonostante siano dei canidi non sono fatti per una vita da reclusi. Appena possono si danno alla fuga. E’ il loro istinto.”. I licaoni sono la specie animale più a rischio del Sud Africa “Purtroppo i residenti non amano i licaoni. Li reputano brutti e ne hanno paura. Per questo vengono sterminati. Non c’è alcun business dietro la loro morte, solo tanta ignoranza.”.
L’Hodespruit Endangered Species Center è praticamente un’enclave boera. La lingua parlata all’interno della riserva, anche tra il personale di colore, è l’afrikaans. Frank e Sarah, entrambi laureati, probabilmente non avrebbero potuto trovare un impiego nel vicino parco del Kruger. La legislazione sudafricana prevede delle quote di assunzione per ogni singola etnia. I bianchi hanno quote inferiori e nell’amministrazione pubblica per un bianco è diventato difficilissimo lavorare. Vi sono solo alcuni settori della pubblica amministrazione in cui ai bianchi è consentito, tradizionalmente, l’accesso e carriera: nelle forze dell’ordine.
Qua e là in Sud Africa, mi spiegano Sarah e Frank, ci sono numerose altre riserve private che tutelano e preservano le specie animali. Alcune però, ad esempio, allevano leoni poi destinati ad essere cacciati. “Anche noi vendiamo alcuni degli animali che rendiamo selvatici. Li vendiamo però a riserve pubbliche o private dell’Africa ove non si pratica la caccia. E’ un modo per autofinanziare la nostra costosa attività. Non riceviamo alcun aiuto dallo stato, che anzi, ci ha espropriato di alcuni ettari di riserva inglobandoli dentro il Kruger.”
Federico Depetris