Roma, 3 ago – Continua a salire la tensione in Kosovo tra la comunità serba e quella albanese. Dopo la guerra del 1998-1999 per la conquista del territorio, vinta dalla fazione albanese Uck con il sostegno militare di Usa e Nato, la situazione tra i due popoli di questa terra di confine non si è mai stabilizzata, anzi. In questi giorni le prepotenze albanesi stanno registrando una forte escalation nei pressi delle enclavi serbe, senza che la comunità internazionale proferisca parola. L’ultimo episodio conosciuto è accaduto nella giornata di ieri quando, i membri della polizia kosovara albanese hanno sequestrato un ambulanza serba con il suo conducente.
L’appello serbo alla Ue
Lo scorso martedì 2 agosto, nel nord della provincia, alcuni membri della Rosu, forze speciali di polizia kosovara, hanno fermato un’ambulanza dirottandola in un luogo sconosciuto. Alla guida del mezzo di soccorso si trovava l’ambulanziere serbo Dejan Spahić, del quale ad oggi non si sono più avute notizie. A riportare l’episodio in una conferenza stampa è il direttore dell’Ufficio per il Kosovo e Metohija del governo della Repubblica di Serbia, Petar Petković. Il funzionario serbo ha immediatamente informato dello scandaloso fatto l’alto rappresentante dell’UE per il dialogo, Miroslav Lajčak, con la speranza che l’Unione europea possa contribuire al rilascio del suo connazionale.
Il rapimento dell’ambulanza
Secondo il rapporto di Petar Petković, intorno alle ore 14 di ieri, Dejan Spahić stava trasportando medicinali dal Centro sanitario di Leposavic all’ambulatorio di Kosovska Mitrovica, vicino al villaggio di Grabovac. Quattro poliziotti kosovari, armati fino ai denti e mascherati, hanno però bloccato l’ambulanza e rapito il suo autista. Un membro della Rosu si sarebbe messo al volante del mezzo dirigendolo infine in una direzione sconosciuta, verso i territori albanesi del sud.
“Il Kosovo albanese colpisce anche i nostri pazienti“
Petar Petković ha annunciato che sarà presentata una denuncia penale contro il primo ministro kosovaro, Aljbin Kurti, in quanto continua a terrorizzare il popolo serbo in Kosovo e Metohija. “Kurti colpisce anche i nostri pazienti”. Ha affermato il direttore serbo per il Kosovo, preoccupato di quale sarà la prossima mossa di Kurti. “Pazienti che sono in condizioni gravi e che aspettano questi farmaci e materiale per infusione. Dopo l’attacco a targhe e carte d’identità, ora tocca alle istituzioni sanitarie”.
Kurti chiama Stoltenberg
Mentre sull’accaduto Pristina mantiene le bocche cucite, sul suo profilo twitter Aljbin Kurti parla invece di una “chiamata costruttiva con la Nato”. Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, avrebbe infatti assicurato “l’impegno della K-for di mantenere la pace e la sicurezza”. “Le nostre misure sui confini e sulle targhe automobilistiche – ha dichiarato Kurti – sono in linea con la Costituzione e le leggi ed equivalenti alle misure che la Serbia ha imposto per anni ai cittadini del Kosovo”. Il primo ministro del Kosovo poi, in un altro tweet, dice di rinviare di 30 giorni l’attuazione delle decisioni sulle targhe automobilistiche e sui documenti di ingresso-uscita ai valichi di frontiera con la Serbia. “A condizione – avverte minaccioso Kurti – che tutte le barricate vengano rimosse e venga ripristinata la completa libertà di movimento“.
Petar Petković contro Kurti
Ormai a un passo da gravi scontri nella regione, secondo Petar Petković il piano di Kurti prevede che le forze speciali kosovare invadano il nord del Kosovo. “Kurti mente quando accusa Belgrado di voler destabilizzare i Balcani occidentali e le barricate non sono fine a se stesse, ma sono l’unico modo per attirare l’attenzione sui problemi che i serbi del Kosovo devono affrontare“. Inoltre, il funzionario serbo del Kosovo insiste che non è scritto da nessuna parte nell’accordo che i serbi devono rinunciare alle loro carte d’identità. “Tutto ciò che Kurti avrebbe bisogno di fare per poter tornare alla normalizzazione e alla pace, sarebbe ritirare questa decisione”. Ha concluso infin Petkovic aggiungendo che “dovremmo tornare a Bruxelles per parlare e per trovare un compromesso”.
Andrea Bonazza