Roma, 16 lug – Da più di un decennio è abbastanza noto che, al di fuori del mondo asiatico, l’Africa è stata nella dottrina diplomatica Cinese il principale obiettivo strategico. Una penetrazione costante e avvenuta tra il consenso dei governi africani felici di vedersi costruire importanti infrastrutture con capitali completamente cinesi e l’indifferenza occidentale più focalizzata sulla risorse africane e poco portata quindi a ostacolare (o anche solo a fare attenzione) la crescente influenza cinese nel continente nero. Partendo dal Mozambico – vero e proprio alleato cinese nel senso più stretto e letterale possibile – Pechino ha costruito ferrovie, dighe e autostrade in tutta l’Africa.
Tendenzialmente, come tipico dell’approccio a profilo basso della diplomazia asiatica, i bersagli iniziali sono stati o governi isolati o settori di investimento che non potessero disturbare o allertare i governi stranieri più interventisti in Africa, come quello francese o inglese. In particolare si è rivelata vincente a medio termine la scelta cinese di trattare i governi africani come paritari e la scelta di non interessarsi mai alle questioni interne dei singoli governi: un ottimo modo per diventare popolari tra i governanti locali che tendono a considerare assurdi vincoli in politica umanitaria occidentali e a non avere grande fiducia nell’affidabilità degli interlocutori europei o americani (difficile che qualcuno in quella zona del mondo possa dimenticarsi di come è stata gestita la questione libica).
A partire dai primi anni del 2010 è cominciata anche una certa presenza militare cinese nel continente:principalmente per missioni internazionali di peace keeping, per lo meno agli inizi. Dopo poco si è passati ad un’attività militare in zona legata alla lotta alla pirateria (dove ad onor del vero, nonostante una presenza relativamente sparuta, i cinesi hanno saputo fare meglio di altri) e pertanto a ruoli decisamente più operativi. Oggi assistiamo ad un ulteriore crescita ed al passaggio di un nuovo livello: la presenza militare cinese ora è in forte crescita perchè, ovviamente, ora ci sono molti interessi da difendere ed, in prospettiva, ce ne saranno sempre di più. A partire da questa settimana il governo di Pechino ha iniziato ad avere una propria base militare permanente a Gibuti, in una delle zone considerate più strategiche del mondo. Quanto è importante Gibuti? Basti sapere che hanno permanentemente un proprio contingente militare in questo piccolo paese francesi, statunitensi, giapponesi, italiani… ed ora cinesi.
Entro poco tempo i governi occidentali avranno un nuovo interlocutore, che smetterà la scelta del profilo basso e vorrà attivamente difendere e promuovere i propri interessi nella zona. In quella zona del mondo dalla quale negli ultimi dieci anni è stata praticamente cacciata l’Italia ora arriva un nuovo attore, ben poco disposto ad essere messo ai margini ed ancor meno disposto a vedere sacrificati i propri progetti politici.
Guido Taietti
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