Palmira è caduta nuovamente nella mani dell’Isis. Con un massiccio attacco che ha visto più di cinquemila miliziani islamisti aggredire le posizioni russo-siriane il Califfato ha rioccupato la città archeologica di Palmira, da qualche mese liberata dalle forze di sicurezza siriane. Gia da questa mattina sui media legati all’Isis circolano i video della città occupata dai terroristi che nell’assalto sono riusciti ad impadronirsi anche di numerosi mezzi blindati e carri armati lasciati sul campo dalle forze siriane in ripiegamento. Il contingente difensivo lasciato a presidio della città patrimonio dell’umanità contava all’incirca mille uomini che poco hanno potuto fare difronte alla forza d’urto degli attacchi simultanei contro la linea di difesa. Sembrerebbe che gli attacchi siano stati portati da più settori in contemporanea e siano stati supportati da un massiccio uso di carri armati nelle mani del Califfato fatti affluire ad hoc da fronti differenti. Infatti sembra che, per costituire questo ingente gruppo d’attacco l’Isis avrebbe sguarnito fronti aperti, ma ad oggi forse ritenuti secondari, come il fronte di Mosul, Raqqua, e Deir ez Zor, lasciando intendere come l’agenda di priorità del Califfato si stia fortemente sbilanciando sulla Siria vista la criticità della situazione in Iraq, con le milizie sciite e l’esercito del nuovo Iraq alle porte di Mosul e le comunità locali, cristiani di Ninive in testa, in aperta sollevazione contro l’ occupante Islamista. Un Iraq forse considerato inagibile o quanto meno sacrificabile difronte ad una Siria dove anche la politica internazionale – occidentale – sembra offrire prospettive di accomodamento con il progetto per la spartizione settaria del paese che torna oggi prepotentemente in auge e che potrebbe vedere Palmira come capitale d’un eventuale (esecrabile) stato sunnita a guida Isis nella Siria centro orientale, il cosiddetto “Sunnistan” tratteggiato anche dalla Sig.ra Clinton nell’infruttuosa campagna elettorale dei mesi scorsi.
Un attacco a sorpresa che ha colto le forze anti-terrorismo siriane e russe in contropiede visto l’impiego prioritario su Aleppo, oggi liberata per un buon novanta percento, e su cui il segretario di stato Usa, Kerry si è affrettato a chiedere un cessate il fuoco per far evacuare i terroristi oramai prigionieri nella città, proposta rigettata immediatamente dai russi. Tuttavia resta un mistero come il Califfato sia riuscito a trasportare tutti gli uomini necessari a sfondare le linee siriane e tutti i carri armati impiegati nell’attacco senza essere intercettato dagli aerei russi e siriani o dai satelliti dell’alleanza anti terrorismo in cui figurano paesi tecnologicamente evoluti come l’Iran, la Cina e la Russia stessa. Voci non ancora confermate segnalano però che in tutta la giornata di ieri e anche nei giorni precedenti l’attacco, i segnali radio e quelli satellitari hanno subito pesanti interferenze fino a cessare per molte ore la loro operatività, lasciando pochi dubbi sulla copertura tecnologica ricevuta dall‘Isis che avrebbe adoperato un sistema di “Jammer” e disturbatori di onde radio e satellitari per coprire l’avanzata. Uno standard tecnologico militare di prim’ordine che risulta, quanto meno inusuale, e sicuramente sospetto nelle mani dei “ribelli del Califfato” e che lascerebbe intravedere un supporto tecnico di ben più strutturati players dietro l’attacco. Di certo, purtroppo, l’Isis incassa una vittoria mediatica rimettendo le mani sulla città simbolo del patrimonio storico culturale della Siria e che ora rischia di veder nuovamente distrutti (e venduti al mercato nero) i suoi importantissimi reperti storici e che nelle ultime ore ha portato le bandiere nere del Califfato a sventolare anche sulla base aerea di Palmira, sul giacimento di gas Hayyan, poco lontano dall’abitato, sul villaggio di Al-Dawa, e sulla la zona di Al-Bayarat.
https://youtu.be/D5XACivjVok
Intanto l‘esercito siriano, che sul campo schiera contingenti delle Forze di Difesa Nazionale (NDF), l’ 11 ° Divisione, elementi della 18 ° Divisione e i reparti d’élite del gruppo “Shaheen” (ramo delle Forze Tiger), si sta riorganizzando qualche chilometro più ad ovest di Palmira, per arginare la spinta delle milizie terroriste che potrebbero tornare ad occupare snodi vitali delle arterie autostradali siriane che porterebbero il Califfato sulla strada per Damasco ma anche a tagliare la retroguardia del vettore d’attacco siriano sulla regione nord del paese. Nel computo totale della partita siriana la perdita di Palmira rende di poco più opaca la vittoria di Aleppo e potrebbe essere sfruttata da i fautori dell’accordo e della spartizione, come punto di forza dopo che la conquista della “capitale del nord” da parte siriana aveva riportato l’istanza del legittimo governo siriano in auge.
Una tempistica di certo impeccabile che ha saputo sfruttare l’impegno della coalizione anti terrorismo su Aleppo per colpire “alle spalle” del fronte in una zona lasciata a presidio e considerata non a rischio ma che già da questa notte sta accogliendo l’arrivo dei contingenti d’assalto degli Hezbollah libanesi, dei Falchi del Deserto e dell’intera Forza Tigre, praticamente la punta di diamante dell’armata anti Isis che non lascerebbe Palmira, “la perla del deserto” in mano al Califfo per nulla al mondo.
Alberto Palladino