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Opera del Mossad o degli Usa? Perché l’attacco alla fabbrica di armi in Iran è (anche) un caso mediatico

by Eugenio Palazzini
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Roma, 30 gen – “E’ opera degli Usa”, “No, è stato il Mossad”. Un botta e risposta tra media arabi e americani, tanto particolare quanto emblematico di due elementi: l’assenza di rivendicazioni di certi attacchi e l’alta tensione che si respira in Iran come in Israele. Fronti opposti, situazioni interne completamente diverse, eppure in qualche modo legate da una sottile striscia di polvere e sangue. Quel che è certo che una serie di attacchi con droni ha colpito alcune strutture e impianti militari iraniani, in diverse città, tra cui la capitale Teheran. L’attacco più clamoroso è stato effettuato a Isfahan, gioiello dell’architettura persiana. Per indicarla, in farsi, c’è un celebre motto: “Esfahan nesf-e Jahan”, ovvero “Esfahan è la metà del mondo”. Suggestioni passeggere, perché in questo caso arte e urbanistica c’entrano poco. L’obiettivo del raid era un impianto per la produzione di armi del ministero della Difesa iraniano.

Il dicastero di Teheran, nel confermare l’attacco, ha detto che uno dei suoi complessi di officine è stato attaccato da Micro Aerial Vehicles (Mav), specificando però che le difese aeree “hanno respinto con successo l’attacco”. Secondo il ministero iraniano “uno dei Mav è stato abbattuto, mentre gli altri due sono rimasti intrappolati” nelle difese anti-drone. L’attacco avrebbe quindi provocato soltanto lievi danni all’impianto.

Iran, chi ha effettuato l’attacco all’impianto di armi?

Prima di saltare a conclusioni affrettate, è sempre bene comprendere che in questi casi imperversa la propaganda e molti media non sono immuni dagli spifferi calibrati opportunamente dai servizi segreti.

In ogni caso, il primo media a sbilanciarsi sulla matrice è stato Al Arabiya, emittente panaraba con sede a Dubai e di proprietà saudita, secondo cui il raid è opera “degli Stati Uniti e di un altro Paese alleato diverso dallo Stato di Israele”. L’emittente cita “fonti a conoscenza del fascicolo”, secondo cui l’attacco avrebbe preso di mira specificatamente scorte di missili balistici iraniani. L’israeliano Jerusalem Post, citando altre fonti di intelligence di Paesi occidentali, ha scritto che l’attacco ha preso di mira la produzione di munizioni in un impianto di Isfahan ed è stato “un grande successo”. Per il JP nessuno dubbio: droni israeliani.

La ricostruzione di Al Arabiya viene poi respinta dal New York Times, secondo cui l’attacco è opera del Mossad. Il quotidiano americano cita fonti dell’intelligence che hanno familiarità con i colloqui tra Israele e gli Stati Uniti su quanto accaduto in Iran. Secondo il Nyt però non sono chiari gli obiettivi dell’attacco, né gli effettivi danni provocati. Ampio spazio alla versione del Nyt viene dato oggi da un importante quotidiano israeliano come il Times of Israel.

Mossad e Usa, comuni interessi? 

Sta di fatto che gli Usa ritengono che l’Iran sia il principale fornitore di droni alla Russia che poi li utilizza nella guerra in Ucraina. Valutazione che farebbe pensare a un attacco americano. Ma nel pezzo del Nyt si menziona un rapporto dell’intelligence Usa in cui si identifica l’impianto colpito come una struttura in cui, tra le altre cose, viene assemblato il missile a medio raggio Shahab, che ha una portata in grado di colpire Israele. Elemento dunque che farebbe pensare alla matrice israeliana dell’attacco. E’ possibile però che il raid sia stato concertato, perché sia Washington che Tel Aviv hanno interesse – non sempre per gli stessi motivi – a colpire la produzione di armi iraniana. La differenza sostanziale è che Israele non ha alcun interesse a rompere con la Russia.

Eugenio Palazzini

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