Santo Domingo, 12 nov – Pochi paesi possono definirsi crogiuolo di popoli e razze quanto la Repubblica Dominicana, metà est della isola di Hispanola, condivisa con Haiti.
Originariamente abitata dalla popolazione amerinda dei Taino (praticamente scomparsi a cinquant’anni dall’arrivo di Colombo sull’isola causa eccidi e malattie), in seguito alla deportazione di schiavi neri dall’Africa conta oggi una popolazione composta al 78% da dominicani di discendenza africana e per il 19% circa da bianchi di origine europea, prevalentemente spagnola, anche se non mancano inglesi e francesi, il che porta ad un’ampia variante di lingue parlate sul territorio.
Un popolo, dunque, che per definizione meticcio lo è per davvero (al contrario di quello italiano, come invece sostenuto dal ministro Kyenge) e che oggi difende con durezza la propria nazionalità.
Anche qui il meltin pot non sembra aver portato ad una società in pace con se stessa, esempio di integrazione e convivenza interrazziale, come insegna d’altronde la storia del paese. Né la sua demografia sembra aver sminuito la difesa del diritto di cittadinanza, se è vero com’è vero che, come riporta Haiti Libre, «alla fine di settembre il tribunale costituzionale della Repubblica Dominicana ha negato la nazionalità ai figli di stranieri irregolari, molti dei quali haitiani», con una sentenza retroattiva che verrà addirittura applicata a tutti coloro che siano nati nel paese dopo il 1929 da “genitori in transito”.
Secondo 19 membri della Camera dei Rappresentanti del Governo federale Usa, che hanno scritto al presidente Danilo Medina per contestare l’implementazione della decisione, tutto ciò provocherebbe la revoca della cittadinanza a migliaia di cittadini di origini haitiana, oltre duecentomila secondo alcune fonti, che diverrebbero così apolidi.
Come è evidente, dunque, l’ideologia progressista non può che arrendersi di fronte al bisogno di identità che affiora paradossalmente anche laddove questa identità è quanto mai confusa e che, perciò, non può esser certo biasimato in paesi come quelli europei relativamente omogenei quanto all’origine ed alle tradizioni delle proprie popolazioni.
Sarebbe bene, dunque, fare i conti con la realtà anziché combatterla per poi doversi scontrare con l’esplosione di fenomeni ed atteggiamenti fanatici, come forse può esser considerata la sentenza in questione.
Emmanuel Raffaele