Roma, 19 mar – Un massacro di poliziotti. In Messico tredici agenti sono stati uccisi in un agguato nella municipalità di Coatepec Harines, un centinaio di chilometri a sud-est della capitale Città del Messico. Non è chiaro chi sia stato ad attaccare il convoglio della polizia, ma non è difficile immaginare che a compiere la strage sia stato un cartello della droga operante in quell’area. “Si tratta di un affronto allo Stato e risponderemo con la forza e con l’appoggio della legge”, tuona il ministro messicano della Sicurezza, Rodrigo Martínez-Celis, citato dal Guardian. Il problema è che gli “affronti allo Stato”, in questa nazione latinoamericana, sono all’ordine del giorno. E la criminalità organizzata controlla intere porzioni di territorio messicano.
Messico, terra martoriata dai cartelli della droga
Stando a quanto riferito dai media locali, le vittime dell’agguato sarebbero per la precisione otto agenti e cinque membri della polizia investigativa. Il ministro della Giustizia ha dichiarato che i poliziotti si trovavano in questa regione rurale del Messico “per combattere gruppi criminali”. Un riferimento piuttosto vago che non spiega molto, perché di fondo questo dovrebbero fare (e non sempre fanno) gli agenti di polizia messicani. La zona in questione è comunque tristemente nota per essere una roccaforte dei cartelli del narcotraffico.
In un rapporto dell’intelligence messicana, finito sui media lo scorso settembre, venivano identificati ben 26 gruppi criminali attivi in quest’area e in lotta per il controllo del territorio. Due su tutti particolarmente potenti e spietati: La Familia Michoacana e il cartello Jalisco nuova generazione. Nel 2020 sono stati uccisi in Messico 524 agenti di polizia, stando a quanto riferito dall’Ong anticrimine Causa en Común.
La polizia è in seria difficoltà, spesso “o non ottempera alle richieste criminali e ne subisce le conseguenze, oppure si conforma e viene presa di mira da altri gruppi in lotta con quelli con cui ha avuto rapporti”, fa notare Falko Ernst, analista senior del Messico al International Crisis Group. Il presidente Andrés Manuel López Obrador ha promesso di pacificare il paese con un approccio meno conflittuale: “Abbracci non proiettili”, dichiarò Obrador nel 2018. Un’esortazione rivelatasi ben poco efficace.
Eugenio Palazzini