Roma, 16 gen – Dopo l’operazione “Margine di protezione” iniziata l’8 luglio 2014 dalle Forze di Difesa Israeliane contro la Striscia di Gaza e costata la vita a un numero di palestinesi oscillante tra i 2.127 e 2.168, tra cui 495-578 bambini, nonché a 66 soldati israeliani, si sente parlare poco di ciò che avviene in Medio Oriente. Ma il fuoco cova sotto la cenere.
In questi giorni, infatti, Israele ha bloccato il trasferimento delle entrate fiscali all’Autorità nazionale palestinese e sta tentando di portare sotto inchiesta per crimini di guerra i leader palestinesi in risposta all’iniziativa di Ramallah di aderire alla Corte penale internazionale. Questa impasse preoccupa fortemente il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che ha lanciato un appello alle parti a non esacerbare le divisioni.
“Esortiamo Israele a riprendere immediatamente il trasferimento delle entrate fiscali”, ha affermato il vice capo per gli affari politici dell’Onu, Jens Anders Toyberg-Frandzen davanti al Consiglio di Sicurezza. “Il conflitto israelo-palestinese”, ha aggiunto, “è entrato in un territorio inesplorato che, purtroppo, sembra aver distrutto ogni speranza immediata di tornare ai colloqui di pace”. Sempre Toyberg-Frandzen ha rivelato che in tutto il 2014 “le forze israeliane hanno ucciso in Cisgiordania 54 palestinesi e ne hanno feriti 5.800”, ha affermato, sottolineando che si tratta del numero più alto di feriti registrato in un solo anno dal 2005. Nello stesso periodo, gli attacchi palestinesi hanno provocato 15 vittime israeliane e circa 270 feriti.
Secondo Infopal, inoltre, che cita il funzionario plaestinese responsabile degli insediamenti nel nord-est della Cisgiordania, Ghassan Daghlas, nel 2014 il governo israeliano ha approvato la costruzione di 16.716 nuove unità abitative in 33 insediamenti.
La maggior parte delle unità si trovano a Gerusalemme, Betlemme e Salfit. Secondo Daghlas, “i coloni hanno lanciato 790 attacchi contro i Palestinesi e le loro proprietà, la maggior parte a Gerusalemme con 290 attacchi, seguita dai 132 assalti a Hebron, 130 a Nablus e 107 a Betlemme”.
Né sembrano portare a nulla i timidi tentativi di dialogo. Il ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman, per esempio, è tornato a proporre lo scambio di territori tra i due Stati. In sostanza, ha detto Lieberman, citato dai media, alla Palestina andrebbe Umm al-Fahem – che è attualmente la più grande città araba di Israele – mentre Israele terrebbe Ariel, la maggiore colonia ebraica in Cisgiordania.
I palestinesi, tuttavia, hanno respinto la proposta. ”Una mentalità malata prodotta dall’occupazione israeliana”, così è stata definita l’idea dal vice ministro dell’informazione palestinese, Mahd Khalifa. “L’occupazione israeliana – ha osservato Khalifa – è il vero ostacolo per la sicurezza nella regione e nel mondo intero”. A suo giudizio, inoltre, gli israeliani dovrebbero “sbarazzarsi” di figure come Lieberman, il cui solo interesse è “infiammare il conflitto e causare la morte di persone innocenti”. In passato si era parlato nell’ambito dei negoziati israelo-palestinesi di un possibile scambio limitato di territori limitrofi, per raggiungere un accordo di pace, ma mai di baratti che comprendessero una città di decine di migliaia di abitanti come Umm el-Fahem.
Giorgio Nigra