Srebrenica, 22 lug – “In guerra, la verità è la prima vittima”. La massima di Eschilo dopo più di duemila anni è sempre attuale. La guerra dei Balcani non poteva sfuggire a questa regola aurea. Un esempio su tutti: l’eccidio di Srebrenica. Nel luglio del 1995 i serbi passarono per le armi più di 8000 civili bosniaci gettando i loro cadaveri in fosse comuni. Il numero dei morti, però, fu stabilito prima che fossero trovate le salme. Un evento questo, che grazie alle immagini della CNN, giustificherà tutte le azioni militari compiute dalla NATO in quei territori. Per tutti il massacro di Srebrenica è stato un genocidio. A sedere sul banco degli imputati il generale Ratko Mladić. Secondo l’accusa, Mladić, con l’appoggio di gruppi paramilitari, ha compiuto una vera e propria pulizia etnica nella città di Srebrenica, all’epoca sotto la tutela delle Nazioni Unite. Ed è notizia di questi giorni che, davanti al Tribunale dell’Aia, devono rispondere dei loro crimini non solo politici e militari serbi ma anche il contingente ONU olandese per aver lasciato massacrare i poveri bosniaci.
Un libro, però, rompe le uova nel paniere della storiografia ufficiale. Ivana Kerečki ne “Il dossier nascosto del genocidio di Srebrenica” smonta pezzo per pezzo la tesi della pulizia etnica programmata e pianificata messa in atto dai serbi in tale frangente. Non è negazionismo ma un arricchimento della ricerca storiografica. Vediamo perché.
Il dossier si può suddividere in quattro parti. Andiamo con ordine. Nella prima parte l’alto responsabile delle Nazioni Unite Philip Corwin afferma che: “Il numero di ottomila uccisi a Srebrenica (che in realtà sono stati almeno dieci volte meno) è scaturito solo da un calcolo politico congiunto tra il governo di Sarajevo e le potenze occidentali per poter mettere in atto le ritorsioni contro la Serbia”. Non mancando di sottolineare il tesissimo rapporto tra ONU e NATO. Egli, inoltre, sostiene che: “Ciò che accadde nella cittadina bosniaca fu solo il culmine di una serie di attacchi e contrattacchi che si protraevano ormai da tre anni, ma niente a che vedere con un genocidio. La città di Srebrenica, dichiarata zona di sicurezza disarmata, era costantemente – come altre enclavi – utilizzata dalle forze dell’esercito musulmano bosniaco e dalle bande di gangster come retrovia per il lancio di attacchi contro le autorità e le forze armate serbo-bosniache circostanti”.
La seconda parte dell’opera è dedicata alle testimonianze dirette degli avvenimenti, tra cui quella del generale canadese Lewis Mac Kenzie, primo comandante delle forze ONU a Sarajevo. Mac Kenzie addirittura si spinge a dichiarare che: “Spesso le forze armate del governo di Sarajevo hanno deliberatamente colpito i propri stessi cittadini al fine di favorire la reazione internazionale”. Desta stupore anche l’intervista al Dr Milan Bulajić, che svela come le autorità bosniache abbiano omesso lo svolgimento di un censimento obbligatorio della popolazione sia nel 1996 che nel 2001 al fine di occultare il numero reale di persone decedute a Srebrenica.
La terza parte è dedicata ad un rapporto governativo. Incredibilmente si dimostra che fu proprio la presenza sul campo e la determinazione del generale Ratko Mladić a scongiurare episodi di giustizia privata e di vendetta sommaria.
Infine si parla Nataša Kandić, avvocatessa serba, dirigente di una delle famigerate ONG pagate da mister Soros. La Kandić diffonderà un reportage in cui si mostra l’esecuzione di sei prigionieri bosniaci uccisi da non meglio identificati paramilitari serbi, i c.d. “Scorpioni”. La forza delle immagini vale più di mille parole. Nessuno poteva stare dalla parte dei torturatori serbi.
Ovviamente la situazione balcanica è assai complessa e non basta un libro per spiegare ciò che è avvenuto. Ma c’è un dettaglio che non possiamo trascurare. Negli ultimi cinquanta anni si è smesso di parlare di nemici. Chi perde rappresenta il male assoluto. E come tale va considerato. Non ci sono più vincitori e vinti ma santi ed eretici. Chi ha la peggio in un conflitto diventa sic et simpliciter un criminale di guerra. Perché la Democrazia sguaina la sua spada solo in presenza di feroci dittatori. L’eretico è condannato ad una damnatio memoria perpetua. E se questo non dovesse bastare, ci pensa il Codice Penale a mettere a tacere coloro che difendono i diabolici nemici della Libertà. Vedi la Legge Mancino in Italia. Ma torniamo ai fatti sin qui elencati. Qualche solerte giudice potrebbe stabilire che mettere in discussione il numero dei morti a Srebrenica equivale all’istigazione all’odio razziale. Insomma, lo storico può parlare solo in presenza del suo avvocato.
Salvatore Recupero
1 commento
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