Roma, 22 mag — In occasione della svolta geopolitica maggiormente importante degli ultimi decenni, determinata dalla richiesta ufficiale di entrata nella Nato “senza indugi” da parte di Finlandia e Svezia, due nazioni storicamente “neutrali” ed abituate alla cooperazione economica e militare sia con Mosca che con la stessa alleanza atlantica, la Turchia ha assunto un atteggiamento dubbioso ed ostile, che apparentemente potrebbe determinare l’impossibilità di adesione dei due Stati, dato che per accettare la richiesta è necessaria l’unanimità di tutti i 30 componenti attuali dell’alleanza.
La Turchia ostile verso Svezia e Finlandia
Per molti osservatori le parole ferme e decise di Erdogan appaiono come una linea rossa invalicabile, determinata dalla distanza ideologica e geopolitica che la Turchia ha spesso dimostrato dal resto dell’Occidente. Eppure, proprio lo studio degli interessi e degli atteggiamenti imperiali della Turchia può fornirci una chiave di lettura che ci spinge a credere che quello di Erdogan sia un bluff utile alla propria nazione e nasconda esclusivamente la volontà di trattare con gli Usa ed ottenere qualcosa in cambio del voto parlamentare favorevole all’entrata di Svezia e Finlandia nella Nato.
Un’economia vulnerabile sui mercati esteri
In primis, è necessario ricordare come la Turchia nutra una visione ed una considerazione smisurata di se stessa, spesso ampiamente sovrastimata rispetto alle possibilità di ampliamento effettivo della propria ingerenza estera. Il principale finanziamento economico che permette ad Istanbul di coltivare le sue ambizioni di ricostituzione del vecchio impero Ottomano deriva dal Qatar, Stato chiave a cui la nazione turca è necessariamente legata. Infatti, la pur promettente economia turca nasconde una innegabile instabilità finanziaria ed economica, che la rende vulnerabile sui mercati esteri e soggetta a possibili speculazioni finanziarie che, con l’apertura di una crisi diplomatica con Usa ed Regno Unito in primis, potrebbero danneggiarla consistentemente.
Gli scenari a Est
Un altro aspetto fondamentale che potrebbe rivelarsi determinante in questo negoziato con la Casa Bianca è rappresentato dai dossier strategici di Siria, Caucaso, Asia centrale e Nord Africa. Nella nazione siriana e nel nord del continente africano si giocano delle importanti partite geopolitiche: Istanbul esercita una propria ingerenza nelle questioni politiche di Damasco e probabilmente richiederà a Washington un maggior margine di manovra sul territorio.
Turchia e Nord Africa
Lo scenario nordafricano è per natura quello che gli Usa tendono a delegare agli alleati europei, con la questione libica in passato in mani italiane ed ora consistentemente nelle mire d’espansione francesi e turche. È probabile che questo sia uno dei contesti su cui gli Usa potrebbero decidere di assecondare le richieste turche, data anche la necessità di ridimensionare ed evitare lo scoppio definitivo della problematica libanese, dove la presenza di musulmani di differenti etnie e rami religiosi coinvolge direttamente le ambizioni iraniane sostenuto sul territorio da Hezbollah e le preoccupazioni di Israele, avversario della Turchia e soprattutto dell’Iran, ovviamente attento ad osservare gli scenari nello stato africano.
Caucaso ed Asia centrale sono i luoghi geografici in cui gli USA stanno maggiormente impegnandosi per ridimensionare il margine di manovra ed espansione geopolitico di Mosca. Anche in ragione di ciò, è possibile che Istanbul chieda un ridimensionamento dell’impegno americano in tali zone, dove da anni è impegnata in una sfida d’ingerenza proprio con il Cremlino. Tuttavia, non va certo dimenticata l’importanza del conflitto in corso in Ucraina per Istanbul: con la Crimea in mano russa da anni, ma ritenuta storicamente dalla Turchia parte del proprio impero Erdogan non ha alcun interesse ad assistere alla vittoria di Mosca sul suolo ucraino, in particolare nelle vicinanze del Mar Nero. Pertanto, è qui che si fondono numerose problematiche che Ankara ha la necessità di gestire.
L’invito da Mosca
La vicinanza geopolitica alla Russia di nazioni turcofone per l’eccellenza come il Kazakistan non tranquillizza lo stato turco, costretto a preoccuparsi delle sue etnie in stati alleati di un avversario come quello russo. Anche da qui l’invito giunto da Mosca pochi giorni fa ad “abbandonare la Nato” ed approdare nell’Organizzazione del trattato per la sicurezza collettiva, con la scontata mira nascosta di provocare delle difficoltà alla Turchia quando eventualmente entrata nell’alleanza. Scenario di fatto fantascientifico data l’impossibilità di far parte di due alleanze militari così differenti e contrapposte in tale momento storico e la sconvenienza a lasciare realmente la Nato, in cui Ankara entrò proprio in funzione anti-Urss.
Una serie di questioni strategiche apparentemente distanti ma che nella realtà si collegano al presente. Non a caso nell’incontro tra rispettivi ministri degli esteri di mercoledì 18 maggio il Segretario di Stato Usa Antony Blinken ha fatto riferimento in conferenza stampa all’importanza dello scenario caucasico ed al valore della cooperazione tra Turchia ed Occidente. Non resta che attendere ed assistere agli scenari geopolitici futuri, tenendo a mente che la nazione turca ha nel proprio istinto e nelle radici storiche l’abilità e l’interesse a trattare e mercanteggiare su ogni aspetto possibile, nella speranza e nella volontà di ottenere risultati ben più importanti dei “30 terroristi curdi” dati in pasto alla stampa mondiale.
Tommaso Alessandro De Filippo
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