Washington, 12 mar – Tutto il mondo saluta la storica svolta tra USA e Corea del Nord. Proprio in queste ultime ore, infatti, sembrerebbe chiaro un avvicinamento tra le parti, dimostrato dalla lettera inviata da Kim Jong-un al presidente Donald Trump. Nelle parole del dittatore coreano si evince la chiara volontà di ottenere un incontro, dopo mesi di sfide a distanza, di minacce e venti di guerra in Corea. La Svizzera si è già offerta di ospitare il summit, il quale potrebbe però svolgersi anche in Scandinavia o in Corea del Sud.
Potrebbe, perché la risposta degli Stati Uniti per il momento non è stata un vero e proprio sì, la Casa Bianca è possibilista, ma prima delle parole chiede i fatti. La reazione di Washington è sempre relativa alla denuclearizzazione della piccola potenza militare, la quale in questi ultimi anni si è messa in mostra con numerosi test nucleari nell’Asia orientale.
Ciò che bisogna comprendere, oltre alla volontà degli USA, è se dietro la strategia di Pyongyang non ci sia dell’altro. Qualcosa di molto più vicino della nazione a stelle e strisce, un impero in ascesa che sta ormai da tempo mettendo a serio rischio l’egemonia degli Stati Uniti come superpotenza imperiale planetaria. Stiamo parlando della Cina, nazione direttamente coinvolta, per ragioni economiche e geopolitiche nella crisi coreana.
Xi Jinping non ama Kim Yong-un, il quale, attraverso la questione della minaccia nucleare, sta creando non pochi problemi alla Repubblica Popolare Cinese, in concorrenza diretta con gli USA e allo stesso tempo protagonista nel ruolo di mediatrice nella questione coreana. Se da una parte Pechino ha bisogno della Corea del Nord, come freno della presenza nella penisola dell’America, attraverso il benestare dello storico alleato meridionale; dall’altra l’ascesa militare nordcoreana sta ponendo problematiche di diversa natura in quell’area geografica.
Da marzo 2012 a oggi, la Corea del Nord ha svolto ben 55 test balistici e 4 esperimenti nucleari, arrivando a costruire il missile balistico intercontinentale Hwasong-14. Il fatto che Kim voglia dotarsi dell’atomica è diventato d’intralcio a Pechino, la crisi coreana è divenuta infatti un fattore di rischio troppo alto, che potrebbe sfociare in un serio conflitto tra grandi potenze.
A seguito delle sanzioni imposte dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, su proposta degli USA, il commercio bilaterale sino-coreano è sceso da 6 miliardi di dollari nel 2012 a 1 miliardo nel 2017. Da parte sua la guida suprema della Repubblica Popolare Democratica di Corea, dovrebbe aver fiutato ormai da tempo l’atteggiamento di Xi Jinping nei suoi confronti, e vorrebbe probabilmente, con questa mossa, arrivare a trattare direttamente con Washington per ottenere più sicurezza, superando l’eventuale ostacolo cinese al raggiungimento dei propri obbiettivi.
Mauro Pecchia
La Cina dietro l’avvicinamento tra Kim e Trump?
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