Damasco, 8 apr – Quando pensiamo all’Isis, la nostra mente ci proietta subito immagini di attentati suicidi, esecuzioni pubbliche, video raccapriccianti e distruzione di luoghi millenari come Palmira in Siria e Nimrud in Iraq. Una delle profonde ferite che il Califfato islamico sta infliggendo nei confronti dell’umanità è anche l’impoverimento e il saccheggio di beni archeologici di inestimabile valore. A denunciarlo pochi giorni fa è stato il rappresentante russo presso le Nazioni Unite, Vitaly Churkin. Il diplomatico, in una lettera indirizzata all’Onu, afferma che l’Isis ricaverebbe dal saccheggio e dalla vendita di beni archeologici siriani e iracheni una somma pari a circa 265 milioni di dollari all’anno. Come? Semplice, attraverso il web, tramite siti di e-commerce come il noto Ebay. Churckin denuncia inoltre che esistono molti centri di smistamento in Turchia, presso mercati locali, come quello della città di Gaziantep, nel sud del paese.
È così che la Turchia aggiunge una nuova medaglia al suo petto: dopo luogo di transito per traffico di armi destinate ai terroristi e luogo di passaggio per il traffico di esseri umani, diventa centro di smistamento per i beni archeologici saccheggiati dai miliziani dell’Isis. Nelle città turche di Izmir, Mersin e Antalya, alcuni gruppi criminali producono documenti falsi relativi all’origine dei beni archeologici depredati. Il rappresentante russo presso le Nazioni Unite enumera cifre impressionanti: nelle mani dell’Isis ci sono circa 100mila oggetti di importanza culturale e 4500 siti archeologici, di cui 9 sono considerati dall’Unesco patrimonio mondiale dell’umanità. Il bottino del Califfato consiste per lo più in gioielli, monete e altri antichi artefatti provenienti soprattutto dal sito romano di Palmira. Secondo Churkin, l’Isis ha affidato la gestione di questo traffico ad un vero e proprio dipartimento di un “Ministero per le risorse naturali” islamico e solo chi ha il permesso scritto redatto da questo “ministero” può scavare, saccheggiare e trasportare i manufatti.
Durante l’ultima missione del febbraio 2016, il ministro del Turismo siriano ha dichiarato ai volontari della Onlus Solidarité Identités: “Verrà messa in atto un’importante opera di ricostruzione, per non tradire il sangue dei martiri che hanno dato la vita in difesa della civiltà. La Siria è la culla della storia, alla Siria appartiene il primo alfabeto, le prime opere d’argilla, la prima nota musicale, il primo insediamento umano, il primo trattato di pace. In una classifica delle 10 città più antiche ancora abitate, 4 sono siriane. Non ci sarà pace finché non ci riapproprieremo della nostra storia, della nostra cultura e della nostra identità, contro la barbarie fondamentalista”.
Ora che Palmira è tornata sotto il diretto controllo del legittimo governo siriano, almeno per questo importantissimo sito archeologico la mattanza e lo scempio sono finiti, restano soltanto gli ultimi echi di questa barbarie perpetrata ai danni della “Sposa del Deserto”.
Ada Oppedisano
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E noi ringraziamo facendo costruire la nuova Fiat Tipo in Turchia