Roma, 16 feb – L’Iraq settentrionale è tornato a scaldarsi da quando i militari turchi hanno penetrato in profondità il territorio iracheno il 10 febbraio. L’operazione, chiamata “Artiglio d’Aquila 2”, era rivolta contro i miliziani curdi e ha visto la perdita di decine di uomini da entrambe le parti. Una palese violazione della sovranità irachena che non è andata molto a genio alla componente irachena filo-iraniana.
Iraq, l’attacco contro una base americana
Si sono infatti registrati due differenti attacchi missilistici nel Kurdistan iracheno, uno rivolto a una base di Ankara non lontano dal confine turco e uno a Ibril contro una base militare americana. In quest’ultimo è morto un mercenario di nazionalità non ancora nota. Sarebbero diversi i feriti, soprattutto americani ma anche turchi. Tra le vittime si contano anche civili, una delle due basi colpite si trova infatti di fianco all’aeroporto di Ibril.
Un crescendo di tensioni in Iraq
Si sta assistendo in queste settimane a un crescendo di tensioni dovuto a un’analoga conflittualità globale tra Iran e Stati Uniti. In questo contesto si nota una sempre più manifesta volontà delle fazioni politiche e militari filo-iraniane di vedere fuori dal territorio nazionale le componenti ad esse aliene. Non solo gli americani, ma anche i turchi, che a loro dire non dovrebbero interessarsi agli affari di Baghdad.
Ankara, da parte sua, dice di essere intervenuta – con tanto di elicotteri d’attacco e truppe speciali – per motivazioni legate alla sicurezza e all’anti-terrorismo, per colpire direttamente le milizie legate al Partito dei Lavoratori del Curdistan (PKK), una sigla terroristica a dire della Turchia, che avrebbe provocato fino a 40mila morti civili.
Per milizie come come Ashab al-Kahlf e Ahl al-Haq sarebbe solo un pretesto imperialista e perciò ecco le minacce da parte da parte delle componenti filo-iraniane. Discorso analogo per gli americani, minacciati da un’altra sigla di nome Saraya Awliya al-Dam, la quale si sarebbe presa la responsabilità per l’attacco all’aeroporto internazionale di Erbil.
Quali prospettive per il futuro?
Da quando l’asse tra americani e curdi è stata messa in discussione da Trump, i curdi sono bersaglio di attacchi su ogni fronte da parte delle forze turche. A siglare intese con le forze prima sotto l’egida di Washington sono quelli stessi arabi contro cui queste si scontrate. Il governo iracheno – in parte composto da curdi – ha denunciato internazionalmente il governo turco, Assad ha posto invece i suoi uomini tra le forze turche e l’YPJ. Questo scenario tuttavia si rivela essere ancora più paradossale e vede le forze filo-iraniane prendere le posizioni di quelle milizie prima invece sostenute dagli Stati Uniti d’America. Questo in nome di una sovranità irachena intesa in chiave anti-imperialista.
L’evoluzione nei rapporti tra Baghdad, Teheran e i curdi potrebbe quindi prendere interessanti evoluzioni. Non è però il caso di addentrarsi in eccessive speculazioni. Nonostante il tradimento di Washington l’America continua a mantenere molti militari nelle aree controllate da forze curde. Per garantire la loro sicurezza Biden potrebbe a breve rivedere la sua agenda al fine di domare il molesto alleato turco e tenere ben strette le milizie al fianco degli Stati Uniti.
Giacomo Morini
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