Barcellona, 1 ott – Oggi sarà una giornata campale. Non solo per la Catalogna, chiamata ad un referendum indipendentista in merito al quale sono molti i dubbi sulla reale efficace. Ma anche per la Spagna, l’Unione Europea e tutti gli altri Paesi alle prese con spinte autonomiste più o meno marcate.
Nelle ultime settimane si sono tenute numerose manifestazioni sia a favore dell’indipendenza che per l’unità nazionale, l’ultima ieri con migliaia di persone in piazza nella capoluogo. Il confronto sul voto è però stato offuscato da un muro contro muro dal quale sono emerse posizioni che con un genuino desiderio di indipendenza hanno veramente poco a che fare. Questo in special modo da parte catalana, le cui ragioni rendono poco agevole discernere tra motivazioni “identitarie” e rivendicazioni puramente economiche. Resta d’altronde difficile capire come una regione che fieramente accoglie immigrati rifugiati (o sedicenti tali, ricevendo in cambio quel che è successo sulle Ramblas) a più non posso secondo la linea ideologica tipicamente no borders, chiedere che vengano istituire nuove frontiere.
Non che il governo di Rajoy abbia tenuto un atteggiamento più costruttivo, in alcun senso. L’ostracismo contro la chiamata ai seggi è, dal punto di vista di Madrid, più che legittimo. Così come è legittimo l’uso della forza per un atto assolutamente anticostituzionale e che mina alle fondamenta l’esistenza stessa della Spagna. E però, se l’esecutivo avesse voluto veramente usare i militari per impedire le operazioni di voto, usandoli invece a macchia di leopardo con il solo scopo di intimorire ha ottenuto l’effetto esattamente opposto.
Da stamattina, infatti, si registrano lunghe code ai seggi, alcuni dei quali occupati d’imperio da comuni cittadini e membri del sindacato dei contadini, in alcuni casi facendosi scudo con bambini e anziani, mentre i Mossos d’Esquadra – la polizia locale della Catalogna – si sono limitati a controllare la regolarità di schede e urne per poi lasciare i locali fra gli applausi dei presenti. Altri risultano chiusi: la presidenza della Generalitat che ha invitato gli elettori a votare in qualsiasi seggio se il loro dovesse risultare impraticabile. La Guardia Civil e la Policía, che a differenza dei Mossos dipendono invece direttamente da Madrid, hanno preso possesso del Centro delle Telecomunicazioni (Citt) di Barcellona, con lo scopo di impedire l’elaborazione dei dati, oltre a sfondare le porte del seggio nel quale era previsto l’arrivo del presidente della Catalogna, Carles Puidgemont. Tensioni si registrano anche in altre circoscrizioni, con urne sequestrate e perfino episodi di violenza: un uomo ha ferito quattro persone del comitato pro-referendum con una pistola ad aria compressa.
1 commento
Io trovo che i catalani abbiano tutto il diritto di votare e di decidere il futuro della loro terra.
Detto questo ben li conosciamo e sappiamo benissimo quali tipi di politiche applicheranno e possiamo immaginare cosa faranno del loro neonato Paese. Avranno di che pentirsi.
Fra l’altro sono convintissimo che se la Spagna non si fosse opposta in questo modo probabilmente il referendum gli indipendentisti lo avrebbero anche perso.
Facendo in questo modo la Spagna si è solo fatta una gran brutta figura. Paura di un referendum? Mal che vada si tolgono un elettorato scomodo con idee altrettanto spiacevoli.