Parigi, 17 apr – Sono attualmente in corso le indagini per appurare le responsabilità del terribile incendio che ha gravemente danneggiato la Cattedrale di Notre Dame. E, insieme alle indagini, sono partite anche le polemiche in terra di Francia, da quelle assolutamente pretestuose di Charlie Hebdo a quelle più posate – ma non meno incisive – di Gerard Depardieu. Proprio il celebre attore transalpino ha puntato il dito contro l’incuria e l’incapacità di chi ha gestito i lavori di restauro e, poi, i soccorsi. Effettivamente, pur in attesa della conclusione delle indagini (a cui stanno lavorando ben 50 inquirenti), alcuni errori sono già abbastanza chiari
Incapacità e sufficienza
In troppi si sono concentrati, ingiustamente, sull’operato dei vigili del fuoco per non aver utilizzato tutta la loro «potenza d’acqua» o per non aver fatto ricorso ai Canadair. Eppure, una massa d’acqua maggiore avrebbe corso il rischio di danneggiare ulteriormente la struttura di Notre Dame, già provata dalle fiamme. Insomma, pare che i pompieri abbiano fatto il possibile. Quello che invece lascia assai perplessi è il comportamento disarmante della sorveglianza. Il primo allarme, infatti, sarebbe stato sottovalutato (o addirittura derubricato a «falso allarme»), il che ha ritardato l’intervento dei vigili del fuoco, lasciando la cattedrale in balìa del rogo per ben 77 minuti. Una leggerezza incomprensibile e, soprattutto, difficilmente perdonabile.
Misure antincendio non adeguate
Sebbene gli operai addetti al restauro non fossero presenti al momento, è molto probabile che l’incendio sia divampato a causa di una fiammata provocata da una saldatura sul telaio in legno del tetto della cattedrale, dove cioè erano in corso i lavori. In sostanza, qualora ci si fosse accorti per tempo del problema, l’incendio avrebbe potuto essere domato senza eccessivi patemi. È quindi evidente che la catena di sorveglianza ha commesso una serie di errori che si sono rivelati fatali. A questo è da aggiungere un sistema antincendio rudimentale e carente, di certo non adeguato a una struttura così come importante come quella di Notre Dame.
L’allarme italiano ignorato
E pensare che uno studio italiano di tre anni fa era stato dedicato esattamente a questa problematica e inoltrato al Consiglio nazionale della ricerca francese (Cnrs). Si tratta del dossier intitolato Cathédrale durable realizzato da Paolo Vannucci, docente di meccanica all’Università di Versailles. Vannucci aveva fatto notare che, per l’alta concentrazione di polveri e materiali infiammabili sul tetto di Notre Dame, si rendeva assolutamente necessario adottare misure antincendio più moderne e affidabili di una semplice bocca di fuoco esterna. Paolo Maria Mariano, professore di meccanica all’Università di Firenze e collega di Vannucci, intervistato dal Sole 24 Ore, ha quindi affermato che lo studio di Vannucci è stato «completamente ignorato» dal Cnrs: «Secondo Vannucci – ha spiegato Mariano – nel tetto di Notre Dame, struttura estremamente moderna per concezione nonostante alcuni dei suoi legni appartengano a querce tagliate all’epoca di Carlo Magno, l’alta concentrazione di polveri ha un notevole effetto deflagrante e qualsiasi tensione elettrica può scatenare un incendio». Insomma, per gli inquirenti si annuncia un lavoro molto lungo e delicato.
Elena Sempione