Tripoli, 29 mag – Se l’accordo europeo sulla presunta “ripartizione” degli immigrati è in realtà, per l’Italia, una truffa, meglio non va sul fronte internazionale e dei rapporti con la sponda nordafricana. Sul tema di un intervento comune direttamente sulle coste libiche non c’è infatti ancora alcun accordo se non generiche (ma vaghe) dichiarazioni d’intenti.
Sembrano invece, paradossalmente, avere più chiare le idee in quel di Tripoli. Nonostante l’anarchia che regna in larga parte del paese, dove oltre a due governi reciprocamente escludentisi, alle bande di criminali e agli scontri fra tribù, si sono andate insediandosi le truppe dell’Isis, dal governo che regna sulla zona occidentale della fu colonia italiana lanciano un monito molto diretto. “L’approccio dell’Ue al problema è simile alla mentalità colonialista”, spiega, intervistato dall’Independent, Khalifa al-Ghweil, presidente dell’esecutivo si ispirazione islamista riconosciuto dalla comunità internazionale.
Il premier libico vuole essere parte della partita e non subirla passivamente, “ma non se questo significa bombardare i barconi. Ciò non avverrà e se l’Europa verrà senza permesso nelle nostre acque e nelle nostre terra noi ci difenderemo“.
“Non possono venire a controllarci -ha proseguito Ghweil- e non possiamo tornare al 1911, in cui erano gli stranieri a decidere cosa fare. Abbiamo le capacità di difendere le nostre acque e la nostra terra come abbiamo dimostrato nella nostra storia ed anche durante la rivoluzione”.
La soluzione, allora? “Ciò che serve all’Europa è aiutare questi profughi nei loro stessi paesi d’origine con aiuti così da dare loro un futuro grazie al quale non dovranno affrontare viaggi pericolosi in mare. Noi in Libia abbiamo bisogno di aiuto per far fronte a queste persone. Se queste cose non avverranno, allora la situazione potrà solo diventare peggiore per l’Europa“.