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Roma, 6 mag – Con 728mila tonnellate prodotte ogni anno, il Benin è il primo produttore africano di cotone, ma fino ad ora ha tratto pochi benefici da questa coltura perché quasi tutto il cotone raccolto veniva esportato in forma grezza per essere lavorato in altri Paesi quali il Bangladesh. Per il governo del Benin questa situazione è insostenibile e per tale motivo le autorità di Cotonou, assieme a Arise Integrated Industrial Platform, una società tra i cui azionisti c’è la African Finance Corporation, hanno deciso di finanziare l’apertura di diversi parchi commerciali per poter trasformare il cotone raccolto in magliette e biancheria intima, esportabili poi in Usa, Europa e Asia, così da ottenere maggiori vantaggi economici.
Benin, il cotone come oro del futuro
L’obiettivo di questa iniziativa è, per il 2030, creare circa 300mila posti di lavoro, portare le esportazioni da 5 a 10 miliardi di dollari in dieci anni, far crescere il Pil del Paese da 4 a 7 miliardi di dollari e aumentare la capacità produttiva di cinque volte. Fino ad ora, 36 società hanno mostrato interesse a comprare i vestiti prodotti in questi parchi industriali e tra esse sono degne di nota The Children’s Place, SanMar, H&M e Zara. C’è da dire che il governo di Cotonou, per promuovere questa industria, punta anche sul fatto che il Benin è più “vicino” ai mercati europei e americani rispetto ad altri Paesi e che il cotone viene prodotto in maniera sostenibile, visto che usa solo acqua derivante da pioggia e pochi fertilizzanni e pesticidi. Senza contare che l’energia per alimentare queste industrie proverrà da fonti rinnovabili. Fattori che danno alle imprese di questa piccola nazione africana un grosso vantaggio, considerato soprattutto che oggi i consumatori sono sempre più sensibili all’impatto ambientale dei prodotti che acquistano.
Giuseppe De Santis