Londra, 21 feb – Un accordo in più punti che garantisce alla Gran Bretagna uno status speciale all’interno dell’Unione Europea, un unicum nel panorama comunitario. Ma che allo stesso tempo non impedisce che a Londra si tenga comunque il temuto referendum sulla partecipazione all’Ue tout court.
L’accordo Gran Bretagna – Ue si sostanzia in cinque elementi. Anzitutto l’accesso allo stato sociale dell’isola, dal quale potranno per 7 anni (Cameron ne chiedeva 13) essere esclusi i cittadini non britannici. In secondo luogo troviamo la garanzia per i paesi che non adottano l’euro di non trovarsi chiamati a contribuire ai salvataggi – bancari o di debiti sovrani – per le nazioni in difficoltà. Londra respinge poi il concetto di “Unione sempre più stretta”, pilastro della costruzione comunitaria per cui gli Stati son chiamati a partecipare alle nuove forme di sempre più approfondita integrazione: a livello pratico forse non dice nulla, ma questa clausola – cosiddetta di “opt out” – mina alla base uno degli elementi essenziali alla base dell’architettura Ue: l’esecutivo potrà, in estrema sintesi, chiamarsi fuori da nuovi trattati qualora questi non rientrino fra i suoi interessi, e tale opzione permetterà di bocciarli in toto qualora il 55% dei parlamenti nazionali (pesati per importanza) li respinga. Inoltre, è sancito che la Gran Bretagna non sarà mai parte di una eventuale unione politica, ammesso che questa possa davvero vedere la luce. Il governo inglese mantiene, in ultimo, il controllo sulle proprie banche, le quali non verranno assoggettate alla vigilanza unica firmata Bce.
Le condizioni negoziate da Londra sono una vera e propria mina per la Commissione, chiamata a scendere a patti per evitare di offrire la sponda all’euroscetticismo. Le richieste di Cameron – pur in parte limate al ribasso – rappresentano infatti un vero e proprio arretramento rispetto alla strada di integrazione comunitaria sempre più profonda e pervasiva che aveva informato il tragitto compiuto sin qui. Ora La Gran Bretagna gode di “uno statuto speciale, non farà mai parte del super Stato europeo né di un esercito europeo”, ha spiegato il titolare di Downing Street. Un cambio di paradigma notevole: da ora in avanti, sul precedente britannico, è sancito che un paese potrà rifiutare l’integrazione europea.
Nonostante l’aver ricondotto Juncker e Commissione a più miti consigli, ottenendo condizioni mai concesse ad altri, l’accordo non impedisce che il referendum pro/contro l’Ue non si tenga. La consultazione popolare avrà luogo il 23 giugno di quest’anno, con un’opinione pubblica che si preannuncia più che spaccata. Scontata la posizione dell’Ukip, il partito indipendentista: “Andiamo via dall’Ue, è la nostra occasione d’oro”, ha tuonato il leader Nigle Farage, definiendo l’accordo “patetico”. All’estremo opposto i laburisti, da sempre eurofili, si schierano invece a favore di Bruxelles, bollando di populismo la trattativa portata avanti dal premier. Se da questi (rispettivamente terzo e secondo partito della Gran Bretagna) lo schieramento sembra abbastanza netto, il vero ago della bilancia saranno niente meno che…i conservatori, attualmente al governo. Perché è vero che Cameron a valle dell’accordo ha affermato che ora si potrà votare a favore della permanenza nell’Unione, ma cinque ministri e un sottosegretario in quota Tory hanno già annunciato il loro voto favorevole alla cosiddetta Brexit.
Si preannuncia una campagna elettorale serratissima.
Roberto Derta
3 comments
se la gran Bretagna non esce definitivamente insieme alla turchia, l’europa è finita.
se faciamo il calcoli bene a la INGLITERRA <<<<E UNA POTENZA MONDIALE< e gioca unruolo decisivo <<< pero ce un pune debole < cuesto si chiama europa <<< e senza EUROPA ingliterra fa molto fatica andare avanti < pero nel losteso tempo non vole perdere influenza poitika mondiale <<<cundi ce oco da iscutere e da pensare << la grandbritagna prima e poi deve decidere se deve stare dentro o fori <<< cosi non si pu andare avanti <<<<<
Non mi è chiaro un’aspetto :”Le esenzioni concesse al Regno Unito sono unilaterali o godono di reciprocità?”. O meglio se un’inglese viene ,per esempio ,a lavorare in Italia ha diritto allo stato sociale in Italia compresa la sanità pubblica o no?Atteso che un cittadino europeo che andasse in UK non dovrebbe avere accesso a quello stato sociale prima di sette anni di residenza?