Parigi, 31 ago – La nascita del nuovo governo di Manuel Valls squarcia il frastuono mediatico in queste fine di vacanze, in Francia. La cosa non è, tuttavia, un avvenimento politico maggiore, in quanto il rimpasto ministeriale non si accompagna ad alcun cambiamento di politica né ad alcuna modificazione sensibile della linea ideologica scelta dal duo Valls/Hollande.
Alla fine, questo episodio di bassa cucina politica sarà servito solo a mettere da parte i due ministri “frondisti”, Montebourg e Hamon (colpevoli di non mostrare abbastanza entusiasmo per la politica di austerità e per la sottomissione ai diktat europei, cercando di riposizionarsi nell’ottica della prossima sfida elettorale) e a far entrare a Bercy, sede del ministero dell’Economia, attraverso Emmanuel Macron, gli interessi della banca Rothschild, peraltro già ben rappresentata.
Sul piano più simbolico, si potrà certo ugualmente notare la promozione di Najat Vallaud-Belkacem alla testa del ministero dell’Educazione un tempo detta “nazionale”, vero “gesto dell’ombrello” indirizzato al “popolo di destra” che si è mobilitato in massa contro la “teoria del genere” e la propaganda omosessuale in ambito scolastico e di cui la franco-marocchina è esattamente la più fervente promotrice. Questo porta a una nuova mobilitazione delle truppe della Manif pour tous, che hanno già annunciato una giornata nazionale di azione a Parigi il prossimo 5 ottobre.
ùIn realtà, il solo interesse del governo Valls II è di svelare in maniera assolutamente chiara e indiscutibile la natura di questo “socialismo francese” del 2014. Se il riallineamento ufficiale all’economia di mercato e alla logica che ne deriva (scelta che avrebbe dovuto logicamente portare all’abbandono della terminologia “socialista”) risale al 2008 (e anche ben prima, di fatto…), l’affermazione così netta di una posizione che non è neanche più “riformista” ma chiaramente “liberale” (gli interessati direbbero “social-liberale” per non gettare nella disperazione il “popolo di sinistra”) è una innegabile novità, se non nell’essenziale almeno nella forma.
Il fatto di essersi fatto acclamare dai rappresentati del Medef (la Confindustria francese) all’indomani dell’annuncio della sua nuova squadra di governo è stato l’apice di questo “coming out” liberal-libertario. Domnique Strauss-Kahn lo sognava, Manuel Valls l’ha fatto.
Ha scritto giustamente il cronista conservatore Eric Zemmour: “Macron a Bercy significa portare le ricette liberali sugli allori: deregulation, alleggerimento del Code du travail e della fiscalità per le imprese. Belkacem all’Eduazione significa mettere le lobby femministe e gay alla guida della macchina scolastica. Macron il liberale fa il paio con Vallaud-Belkacem la libertaria: entrambi circondano questo governo di un’aura modernista cara ai media di sinistra, al mondo dello show-biz e alle élite mondializzate”.
In breve, è la vittoria assoluta della dottrina di Terra Nova, il think tank socialista secondo cui, dopo aver constatato come il popolo (operai, contadini, salariati, piccoli commercianti…) sia inevitabilmente troppo sciovinista, restio al cambiamento e portatore di valori retrogradi, il Partito detto socialista dovrebbe fissarsi come obbiettivo prioritario, o esclusivo, la difesa e la promozione delle minoranze (immigrati, omosessuali, transessuali…) e delle “élite illuminate” (l’iper-classe mondialista).
Alla fine ci siamo arrivati.
Xavier Eman