Dubai, 5 giu – Una svolta epocale: 4 Paesi arabi rompono con il Qatar. Arabia Saudita, Bahrain, Egitto ed Emirati Arabi Uniti hanno deciso di chiudere le loro frontiere e di interrompere i rapporti diplomatici con l’emirato, accusandolo di finanziare il terrorismo, al Qaeda, Isis e Fratelli Musulmani. Anche i cittadini dei 4 Paesi in questione hanno due settimane di tempo per andarsene dal Qatar. Il primissimo effetto della rottura dei rapporti diplomatici è stato il rialzo del prezzo del petrolio, corrisposto a un crollo della borsa del Qatar, che ha aperto in calo del 7,9%.
Una rottura, quella tra i Paesi del Golfo, che arriva a due settimane dalla visita a Riad del presidente americano, Donald Trump, durante la quale ha chiesto ai Paesi musulmani di agire in maniera decisiva contro l’estremismo religioso. La grande Nato araba, con la rottura delle relazioni con il Qatar, perde così un pezzo importante. Anche se sentire prediche morali da parte di Riad sul terrorismo, dopo gli attentati alle torri gemelle dell’11 settembre, è un po’ come il bue che dice cornuto all’asino.
Ma andiamo più nel dettaglio: i Sauditi affermano che le truppe qatariote sarebbero state tirate dalla guerra in corso in Yemen, e non a caso avevano già escluso il Qatar dalla coalizione che combatte in Yemen contro i ribelli houti. Il Bahrein, invece, accusa il Qatar per “il sostegno alle attività terroristiche armate e i finanziamenti legati a gruppi iraniani“. Tutti hanno annunciato il ritiro del loro personale diplomatico e hanno annunciato di voler tagliare il traffico aereo e marittimo verso il Paese. La prima a muoversi in tal senso è la compagnia aerea degli Emirati, la Etihad Airways, che ha cancellato tutti i voli da e per il Qatar a partire da domattina.
Ma, al di là della cronaca, ci sono alcuni elementi che è bene osservare. Quella annunciata questa mattina non è la prima rottura che avviene tra i Paesi del Golfo e il Qatar. Era già successo nel 2014, per otto mesi, quando i sauditi avevano appoggiato l’Egitto di Al Sisi nel rovesciare il presidente Mohammed Morsi, espressione dei Fratelli Musulmani.
E poi a Doha, capitale del Qatar, c’è la sede di AlJazeera, la tv più famosa del mondo arabo, che ha avuto un ruolo fondamentale nello spezzare il monopolio della grandi tv occidentali, con i fatti dell’11 settembre o con la copertura delle primavere arabe. E proprio AlJazeera nei giorni scorsi è stata bloccata in Arabia Saudita, Emirati, Egitto e Bahrain.
Ma soprattutto il Qatar, così come il Kuwait e l’Oman, coltiva ottimi rapporti con l’Iran. Cosa che ai sauditi non piace, e nemmeno a Trump e a Israele, che da anni cerca un pretesto valido per attaccare l’Iran. I media qatarioti recentemente hanno pubblicato alcune dichiarazioni, attribuite all’emiro Tamim bin Hamad al-Thani, il quale avrebbe usato espressioni critiche verso la retorica ostile del Golfo verso Teheran. Oggi la decisione dei 4 Paesi arabi suona, stando a quanto sostiene il ministro degli Esteri di Doha, come un tentativo di mettere l’emirato sotto tutela, violandone la sua sovranità. Da Sydney, il capo della diplomazia americana, Rex Tillerson, ha chiesto ai Paesi del Golfo di restare uniti. Ma questa è la più grave crisi dalla nascita, nel 1981, del Consiglio di Cooperazione del Golfo.